lunedì 30 giugno 2014

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte prima (a cura di Gemma)


LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte seconda

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte terza

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quarta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quinta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte sesta

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte settima (a cura di Gemma)

Il Papa ricorda la sua giovinezza: "Nella biografia della mia vita - nella biografia del mio cuore, se così posso dire - la città di Frisinga ha un ruolo molto speciale. In essa ho ricevuto la formazione che da allora caratterizza la mia vita. Così, in qualche modo questa città è sempre presente in me e io in lei" (Commovente discorso in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Frisinga, 16 gennaio 2010)

Ratzinger: "Il mio Concilio: ricordi dell'attuale Pontefice" (Reset e Repubblica) 

Joseph Ratzinger presenta se stesso: discorso di Presentazione alla Pontificia Accademia delle Scienze

Joseph Alois Ratzinger nasce in Baviera nella diocesi di Passau, a Marktl an Inn , il 16 aprile 1927 alle 4.15, Sabato Santo, da Joseph e Maria.

Viene battezzato il mattino successivo con l’acqua appena benedetta della “notte pasquale”. Come ricorda nella sua biografia, “La mia vita” , l’essere il primo battezzato della nuova acqua è sempre stato per lui un segno di benedizione, “un importante segnale premonitore di una vita fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale”.
Indiscrezione della stampa tedesca, vuole che i genitori si siano conosciuti con l’aiuto di un annuncio pubblicato dal padre Joseph su una rivista cattolica. La madre Maria, ex cuoca, ha origini sud-tirolesi. Il padre viene descritto come uomo severo ma giusto, severità compensata dalla calorosa cordialità della mamma Maria.
Ha due fratelli, Maria e Georg, più grandi rispettivamente di 5 e 3 anni.
Marktl si trova vicinissimo ad Altotting, l'antico santuario mariano risalente all'epoca carolingia, luogo di grandi pellegrinaggi per la Baviera e l'Austria occidentale.
Il padre, gendarme, nei dieci anni successivi, deve spesso trasferirsi e, come dice lui stesso, “non è per nulla facile dire dove io sia di casa”.

Solo due anni dopo, si stabilisce a Tittmoning, piccola città sul Salzach, il cui ponte fa anche da confine con l’Austria (“Tittmoning, dall’architettura così marcatamente salisburghese, è rimasto il paese dei sogni della mia infanzia”).Di quel periodo racconta: “sentivamo che il nostro sereno mondo infantile non era affatto incastonato in un paradiso. Nelle adunanze pubbliche, mio padre doveva intervenire sempre più di frequente contro le violenze dei nazisti. Sentivamo molto chiaramente l’enorme preoccupazione che gravava su di lui e che egli non riusciva a scrollarsi di dosso nemmeno nei piccoli gesti di ogni giorno”. Così alla fine del 1932, dal momento che a Tittmoning si era esposto parecchio, decide di trasferirsi ad Aschau sull’Inn. A Tittmoning il piccolo Joseph riceve la Cresima dalle mani del Cardinale Michael Faulhaber, Arcivescovo di Monaco. Alla vista del porporato il cresimando Ratzinger disse: «Anch’io, un giorno, diventerò cardinale!». Il fratello Georg, pero', smorzo' subito quella frase che si sarebbe rivelata profetica: «Vabbè, due settimane fa volevi fare l’imbianchino!».

Ad Aschau la famiglia Ratzinger abita nel primo piano della villa di un contadino con annesso giardino e stagno dove il piccolo Joseph mentre gioca sta quasi per annegare.

La vita della famiglia procede secondo i ritmi della locale comunità cattolica e sempre presente e vivo è, fin dall’infanzia, l’interesse per la liturgia che accompagnerà Joseph Ratzinger per tutta la vita (”l’inesauribile realtà della liturgia cattolica mi ha accompagnato attraverso tutte le fasi della mia vita”…“ogni nuovo passo che mi faceva entrare più profondamente nella liturgia era per me un grande avvenimento”) .

Nel 1937, in seguito al pensionamento del padre, la famiglia si trasferisce a Traunstein , località a 30 km da Salisburgo, diventato in pratica il suo vero paese d’origine.

Il fratello Georg sviluppa grande passione per la musica e per primo entra in seminario, Maria frequenta la scuola media delle francescane, il piccolo Joseph fa spesso lunghe passeggiate col padre al quale in quel periodo si avvicina di più.

I bambini a casa durante i giochi si immedesimano spesso nella parodia del sacerdote e un aneddoto riportato in una biografia vuole che durante una “processione” prendano accidentalmente fuoco le trecce della sorella.
Nel 1939, su consiglio del parroco, entra anche lui nel seminario di Traunstein. Della fase iniziale di quell’esperienza dice: “ io sono tra quelle persone che non sono fatte per la vita in internato. A casa avevo vissuto e studiato in grande libertà, così come volevo, costruendomi un mio mondo infantile. Trovarmi a contatto in una sala studio con circa sessanta altri ragazzi era per me una tortura”, così come le due ore di sport odierne, essendo poco dotato per le attività sportive , più piccolo d’età e nettamente inferiore per forza fisica di tutti gli altri.
E’ il primo della classe ma non è malvisto dai compagni perché li lascia copiare. Legge "con fervore Goethe, Schiller gli appare un po' troppo moralista", scrive poesie sulla vita quotidiana e la natura e da lezioni di recupero.
Nello stesso anno, a settembre, scoppia la guerra e nel 1943, a 16 anni, insieme agli altri seminaristi della sua classe, viene reclutato nei servizi di contraerea a Monaco (“è quasi superfluo ricordare che il periodo trascorso presso la contraerea causò delle situazioni imbarazzanti, soprattutto per un individuo così poco incline alla vita militare come me”) e alla fine assegnato ai servizi telefonici e dispensato dalle esercitazioni militari. Nel settembre 44 viene congedato ma, a casa, trova la chiamata al servizio lavorativo del Reich. (“Quelle settimane di servizio lavorativo sono rimaste nella mia memoria come un ricordo opprimente”. I superiori sono in gran parte provenienti dalla cosiddetta Legione Austriaca, “persone fanaticamente ideologizzate, che ci tiranneggiavano con violenza”. Racconta di essersi salvato in quel periodo dall’arruolamento volontario dichiarando insieme a qualcun altro, di essere intenzionato a diventare sacerdote cattolico. (“Venimmo coperti di scherni e insulti e ricacciati indietro, ma queste umiliazioni ci erano molto gradite, dal momento che ci liberavano dalla minaccia di questo arruolamento falsamente volontario e da tutte le sue conseguenze”). Sospesi i lavori, viene rimandato a casa ma di lì a poco arriva la chiamata alle armi con destinazione alla caserma di fanteria di Traunstein per il corso di addestramento. Da lì il trasferimento a varie località nei dintorni, anche se viene più volte esonerato dal servizio per malattia.
Durante l'arruolamento forzato, non sparo' mai nemmeno un colpo anche a causa di una ferita al pollice della mano sinistra, la cui cicatrice è tuttora visibile.

Secondo una biografia di un autore tedesco il giovane Ratzinger rischio' di morire di setticemia per quel taglio. Il medico militare consiglio' l'amputazione del dito, ma, grazie soprattutto alle cure della madre, non fu necessario procedere all'operazione.

Alla fine di aprile del 45 diserta e torna a casa ma all’arrivo degli americani, identificato come soldato, viene internato come prigioniero di guerra. Di quei giorni ricorda: “mi infilai in tasca un grosso quaderno e una matita – una scelta apparentemente poco pratica, mentre in realtà, quel quaderno si rivelò per me una meravigliosa compagnia, poiché, giorno dopo giorno, vi potei segnare pensieri e riflessioni di ogni genere; arrivai persino a cimentarmi con la composizione di esametri greci”. A giugno, viene rilasciato in libertà e torna a casa (“la Gerusalemme celeste in quel momento non mi sarebbe potuta apparire più bella”) e col ritorno anche del fratello Georg si ricostituisce l’unità familiare. (“I mesi successivi in cui potemmo gustare la ritrovata libertà , che ora avevamo imparato a stimare nel suo giusto valore, sono tra i più bei ricordi della mia vita”).
In quel periodo, insieme ad altri, partecipa con entusiasmo alla ricostituzione del seminario semidistrutto, adibito ad ospedale militare e comincia ad appassionarsi allo studio della teologia (“di libri, nella Germania distrutta ed economicamente prostrata, non era possibile acquistarne. Ma dal parroco e in seminario potevamo ricevere qualcosa in prestito, cercando così di muovere i primi passi sul terreno sconosciuto della teologia e della filosofia”)

domenica 29 giugno 2014

– Buongiorno, signor parroco e compagnia.


Carissimo Amico/a

«Andavo per un sentiero incassato ed ombroso della mia campagna, narra un sacerdote contemporaneo, quando incontrai, dietro una macchia, una vecchina che custodiva le sue pecore, curva sul bastone:– Buongiorno, Catina.
– Buongiorno, signor parroco e compagnia.
– Ma come, nonnina? Sono solo, dove vede la compagnia?
Si raddrizza, e vedo il suo viso solcato di rughe e gli occhi chiari ancora belli. Mi dice seriamente:
– E che ne fa dell'angelo custode?
– Scusi, nonna. Stavo per dimenticare l'angelo custode; grazie di avermelo ricordato».


Cinque volte la giorno


Monsignor Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII, scriveva ad una delle sue nipoti, religiosa, chiamata suor Angela: «Il tuo nome di religione deve incoraggiarti ad intrattenere rapporti familiari con il tuo angelo custode, ed altresì con tutti gli angeli custodi delle persone che conosci ed a cui vuoi bene nella Santa Chiesa e nella tua Congregazione. Che consolazione sentire presso di sè questo celeste custode, questa guida dei nostri passi, questo testimone delle nostre azioni più intime. Io stesso recito la preghiera «Angelo di Dio, che sei il mio custode» almeno cinque volte al giorno, e spesso mi intrattengo spiritualmente con lui, sempre nella calma e nella pace» (3 ottobre 1948).

All'uomo di oggi, abituato alle discipline scientifiche, ripugna ammettere l'esistenza di quel che non cade sotto i sensi e sfugge alla sperimentazione. Eppure il 'Credo' che recitiamo a Messa afferma che Dio è il Creatore del cielo e della terra, delle cose visibili ed invisibili. La professione di fede del Concilio Latera-
nense IV (1215) afferma che Dio ha, «fin dal principio del tempo, creato dal nulla l'uno e l'altro ordine di creature, quello spirituale e quello materiale, cioè gli angeli ed il mondo terrestre; e poi l'essere umano, partecipe dell'uno e dell'altro, composto di anima e di corpo». Questo è l'insegnamento costante della Chiesa.
L'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede, vale a dire una verità rivelata da Dio. La fede nelle verità che Dio ci ha voluto rivelare è più certa di qualsiasi conoscenza umana, poichè si basa sulla testimonianza stessa di Dio, che non può nè ingannarsi nè ingannarci. La Scrittura, Parola di Dio (conservata, trasmessa e spiegata dalla Chiesa), afferma chiaramente l'esistenza degli angeli. Esistono fin dalla creazione (ved. Giobbe 38, 7, ove gli angeli sono chiamati «figli di Dio») e lungo tutta la storia della salvezza: chiudono il paradiso terrestre, proteggono Lot, salvano Agar ed il suo bambino, trattengono la mano di Abramo; la legge viene comunicata per mano loro, guidano il popolo di Dio, annunciano nascite e vocazioni, assistono i profeti, per citare soltanto alcuni esempi. In particolare, è l'angelo Gabriele che annuncia la nascita del Precursore (San Giovanni Battista) e quella dello stesso Gesù (ved. Catechismo della Chiesa Cattolica [CCC], 332).

Cristo è il Re degli angeli. Sono stati creati da lui e per lui (ved. Col. 1,16). Dall'Incarnazione all'Ascensione, la sua vita è circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. Cantano quando nasce, ed annunciano ai pastori la Buona Novella dell'Incarnazione. Proteggono l'infanzia di Cristo, lo servono nel deserto, lo confortano durante l'Agonia. Fanno conoscere alle pie donne la Risurrezione. Al ritorno di Cristo, saranno lì, al servizio del suo giudizio (ved. CCC, 333).

La vita di tutta la Chiesa e di ciascun uomo beneficia del potente aiuto degli angeli. Dall'infanzia fino alla morte, la vita umana è circondata dalla loro protezione e dalla loro intercessione. «Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita» (San Basilio, PG 29, 656B).


Un bellissimo segreto


«La fede ci insegna, diceva Papa Giovanni XXIII che nessuno di noi è solo. Non appena l'anima è creata da Dio per un nuovo essere umano, soprattutto quando la grazia dei sacramenti lo avvolge con la sua luce ineffabile, un angelo, che fa parte delle sante falangi degli spiriti celesti, viene chiamato per rimanergli accanto durante tutto il suo pellegrinaggio terrestre. Nel corso di una conversazione che ebbi con l'illustre Pontefice Pio XI, lo sentii esporre un bellissimo segreto, per confermare che la protezione dell'angelo custode dà sempre gioia, aggiusta tutte le difficoltà, riduce gli ostacoli. Quando mi capita, mi confidava Pio XI, di dover parlare con qualcuno che so negato per il ragionamento e con cui è necessario far appello ad una certa forma di persuasione, raccomando allora al mio angelo custode di informare di tutto l'angelo custode della persona che devo incontrare. In questo modo, una volta realizzata l'intesa fra i due spiriti superiori, il colloquio si svolge nelle migliori condizioni e si trova facilitato» (9 settembre 1962).

Padre Pio aveva l'abitudine di dire ai suoi amici: «Quando avete bisogno della mia preghiera, rivolgetevi al mio angelo custode, tramite il vostro». Infatti, gli angeli custodi sono messaggeri sicuri e veloci. Un aneddoto illustrerà questa verità: un pullman di pellegrini, in viaggio alla volta di San Giovanni Rotondo, luogo di residenza di Padre Pio, affronta, di notte, sugli Appennini, uno spaventoso temporale. Dapprima presi dal panico in mezzo ai lampi, i passeggeri si ricordano del consiglio del Padre, ed invocano il suo angelo. Grazie al suo soccorso, escono indenni dal frangente. Il giorno dopo, prima ancora che avessero il tempo di raccontargli le peripezie del viaggio, il religioso li accoglie sorridendo: «Ebbene, figlioli miei, questa notte mi avete svegliato e costretto a pregare per voi...». L'angelo custode aveva fedelmente eseguito la sua missione.
Il compito degli angeli non è solo quello di distogliere da noi i mali fisici. Ci guidano verso la pratica di tutte le virtù, sulla via che conduce alla perfezione. Sono sempre occupati a procurarci l'eterna salvezza ed a ferci vivere nell'amicizia di Dio. In questa loro opera, il loro amore per noi è puro, forte e costante. Fedeli alla loro missione, non diminuiscono il loro impegno e non ci abbandonano, anche se abbiamo la grande sventura di distoglierci da Dio attraverso il peccato grave. Così, come raccomanda San Bernardo: «Abbiamo una devozione ed una riconoscenza particolare per simili custodi: non manchiamo di amarli, di onorarli, tanto quanto possiamo, tanto quanto dobbiamo... Tutte le volte che ci sentiamo spinti da qualche tentazione violenta, e minacciati da qualche grande prova, invochiamo l'Angelo che ci custodisce, che ci guida, che ci assiste nelle nostre necessità e nelle nostre afflizioni... Prendiamo, insomma, l'abitudine di intrattenerci con i nostri buoni Angeli, in una familiarità particolare. Pensiamo a loro; rivolgiamoci a loro, con preghiere fervide e continue, poichè ci sono sempre vicini per difenderci e consolarci» (Sermone 12 sul Salmo 90, nn. 7, 9 e 10).


Rifiuto totale


Se la Rivelazione divina ci dà la consolazione di esser circondati da angeli potenti che ci proteggono, essa ci mostra anche altri spiriti, che sono i nostri nemici, impegnati a distoglierci da Dio con tutti i mezzi.
Questi spiriti, chiamati demoni o diavoli, il cui capo è Satana o Lucifero, sono angeli che Dio aveva creato buoni come gli altri: «Il diavolo e gli altri demoni sono stati creati da Dio naturalmente buoni, ma da se stessi si sono trasformati in malvagi», afferma il Concilio Lateranense IV. La Scrittura parla infatti di un peccato di questi angeli (ved. 2 Pt 2, 4). Tale peccato consiste nella libera scelta di questi spiriti creati, che hanno radicalmente ed irrevocabilmente rifiutato Dio ed il suo regno. Così sono incorsi nella dannazione eterna. È il carattere irrevocabile della scelta degli angeli, e non un difetto della misericordia divina, a far sì che il loro peccato non possa esser perdonato. «Non c'è possibilità di pentimento per essi dopo la caduta, come non c'è possibilità di pentimento per gli uomini dopo la morte», dice San Giovanni Damasceno (De fide orthodoxa, 2, 4).

Fin dall'inizio dell'umanità, i demoni si sono sforzati di ispirare agli uomini il loro proprio spirito di ribellione contro Dio, per farli cadere nell'inferno. Si trova un riflesso della loro ribellione nelle parole rivolte dal tentatore ai nostri progenitori: Diventerete come Dio (Gen. 3, 5). Così, Satana porta l'uomo a trasgredire i divini comandamenti. Si sforza di far nascere la ribellione in colui che soffre (ved. Giobbe 1, 11; 2, 5-7); è all'origine della morte, che è entrata nel mondo insieme al peccato (ved. Sap. 2, 24). Nemico di Dio e della verità, si accanisce soprattutto ad impedire la predicazione della verità evangelica. Secondo Origene, Lucifero è rappresentato nell'Antico Testamento dal Faraone d'Egitto che, oberando gli Ebrei di lavoro e vietando loro di offrire il sacrificio a Dio, vuole impedire alle anime di alzare gli occhi al cielo, assorbendole nel desiderio e nella preoccupazione delle cose terrene. Perchè vuole soprattutto che nessuno cerchi il Creatore, che nessuno si ricordi del cielo, che è la vera patria di ciascuno (ved. Homiliae in Exodum, 2).


Il padre della menzogna


Fra i nomi che il Signore dà al demonio, nel Vangelo, quello che lo caratterizza forse maggiormente è quello di padre della menzogna (Giov. 8, 44). Esso è infatti l'ingannatore per eccellenza. Offre agli uomini una felicità illusoria e passeggera (ricchezze; onori; lussuria, sotto varie forme: masturbazione, fornicazione, adulterio, libera unione, contraccezione, omosessualità, ecc.). Per ingannare meglio, si sforza di passare inosservato, di far credere che non esiste, come ci ricorda Papa Giovanni Paolo II: «Le impressionanti parole dell'Apostolo San Giovanni: Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno (1 Giov. 5, 19), alludono alla presenza di Satana nella storia dell'umanità, una presenza che aumenta man mano che l'uomo e l'umanità si allontanano da Dio. L'influenza dello spirito maligno può «nascondersi» in modo più profondo e più efficace: farsi ignorare corrisponde ai suoi «interessi». L'abilità di Satana nel mondo è quella di portare gli uomini a negare la sua esistenza in nome del razionalismo o di un qualsiasi altro sistema di pensiero che cerca tutte le scappatoie possibili per non ammettere la sua opera» (3 agosto 1986). Papa Paolo VI diceva, il 15 novembre 1972: «Una delle più grandi necessità della Chiesa, oggi, è quella di difendersi contro quel male che chiamiamo il demonio... È il nemico numero uno, il tentatore per eccellenza. Sappiamo che quest'essere oscuro ed inquietante esiste veramente e che è sempre all'opera con una scaltrezza traditrice. È il nemico occulto che semina l'errore e l'infelicità nella storia umana... È il seduttore perfido ed astuto che sa insinuarsi in noi attraverso i sensi, l'immaginazione, la concupiscenza, la logica utopistica, i contatti sociali disordinati, per introdurre nei nostri atti deviazioni tanto nocive quanto apparentemente conformi alle nostre strutture fisiche o psichiche, o alle nostre aspirazioni istintive e profonde».
Certo, non bisogna vedere il diavolo dappertutto; tutti i peccati non sono direttamente dovuti alla sua azione: la nostra natura decaduta ed il mondo che ci circonda, in quanto sottomesso al potere del demonio (ved. 1 Giov. 5,19), ci portano sufficientemente al male da soli. «È comunque vero, tuttavia, che colui che non bada a se stesso con un certo rigore, si espone all'influenza del mistero di iniquità di cui parla San Paolo e compromette la propria salvezza» (Paolo VI, ibid.). Ma se Dio concede qualche potere al demonio sulla terra, se gli permette di tentarci, è per darci l'occasione di vincerlo, di guadagnare meriti per il cielo, e perchè Egli può far nascere il bene dal male.
Il combattimento contro il diavolo assume talvolta aspetti spettacolari come nella vita di Sant'Antonio il Grande.


Le lotte del Signore


Antonio è un giovane Egizio del terzo secolo. Avendo sentito, un giorno, i consigli di Gesù al giovane ricco: Se vuoi essere perfetto, va'vendi quanto hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi (Matt. 19, 16-21), distribuisce ai poveri tutti i suoi beni e si consacra ad una vita da asceta, nella preghiera continua e nell'esercizio delle virtù.
Ma il diavolo non è d'accordo. Prova, prima di tutto, a fargli abbandonare il suo modo di vita austero, attraverso il ricordo dei suoi beni, la preoccupazione per la sorella, l'amore del denaro, il desiderio di gloria e degli altri piaceri della vita; infine, l'apparente asprezza della virtù, e le dure fatiche che essa esige. Ma, vedendo che non ottiene nulla, affronta il giovane con suggestioni oscene. Questi, raddoppia le preghiere ed i digiuni. Il Nemico assume allora l'aspetto di una donna, per sedurlo, ma egli pensa a Cristo che ha nel cuore: medita ora sulla nobiltà della filiazione divina attraverso la grazia, ora sulla minaccia del fuoco che non si estingue e sul tormento del verme che non muore (ved Marco 9, 47), e vince così la tentazione.

Il demonio non si dà per vinto. Con il permesso divino, tormenta fisicamente Sant'Antonio, produce un chiasso orribile, che spaventa i testimoni, ed affligge il corpo del generoso atleta di Cristo di piaghe e dolori talmente vivi, che ne rimane come morto. Altre volte, è sotto l'apparenza di bestie feroci che gli spiriti maligni lo assalgono: leoni, orsi, leopardi, tori, serpenti, scorpioni, lupi... Sferzato e pungolato da essi, Antonio prova dolori sempre più violenti. Il che non gli impedisce di prendersi gioco degli assalitori: «Se aveste un qualsiasi potere, basterebbe che uno solo di voi venisse, ma il Signore vi ha tolto la forza, allora provate a spaventarmi con il numero. È un segno della vostra debolezza, il fatto che imitiate l'aspetto delle bestie feroci».
Queste dimostrazioni spettacolari del demonio non devono impressionarc al punto da produrre nelle nostre anime sentimenti di terrore, poco compatibili con la fiducia dovuta al Cuore di Gesù. Il diavolo non ha assolutamente nessun potere senza il permesso di Dio, che non lascerà mai che il nostro Nemico ci tenti al di là delle nostre forze. Secondo il paragone di San Cesario, il demonio è simile ad un cane legato alla catena. Può abbaiare molto forte, far baccano, ma non può mordere, cioè nuocere alla nostra anima, salvo se consentiamo volontariamente alla tentazione (Sermone, 121). D'altro canto, la potenza degli angeli che ci custodiscono prevale ampiamente su quella degli spiriti maligni.

Dopo i furiosi assalti che ha subito vittoriosamente, Antonio è riconfortato da una visione di Nostro Signore. Il monaco gli dice: «Dove eri, Signore? Perchè non sei apparso fin dall'inizio per far cessare i miei dolori? – Ero accanto a te, Antonio, aspettavo di vederti lottare. Poichè hai resistito, e con l'aiuto della mia grazia non sei stato vinto, sarò sempre il tuo soccorso e ti renderò celebre ovunque». Riconfortato nell'anima e nel corpo, il santo si rialza e riprende la sua vita da asceta, aspettando nuove prove e nuove vittorie (ved. Vita di Sant'Antonio, di Sant'Atanasio).

Le lotte sostenute dal Padre dei monaci contro il demonio, sotto un aspetto straordinario, rappresentano quelle che dobbiamo noi stessi condurre nella vita di tutti giorni, in modo meno spettacolare. Il demonio tenta talvolta proponendo piaceri sensuali. Altre volte, immerge l'uomo nelle tenebre, lo turba, lo assorbe in questioni basse e terrene, lo porta alla tristezza, alla diffidenza, alla pigrizia, allo scoraggiamento ed alla disperazione. Quest'ultimo modo di tentazione è abituale nei riguardi di quelle anime che progrediscono nel servizio di Dio. Per vincere le tentazioni, bisogna reagire concedendo più tempo e maggior attenzione alla preghiera o alla meditazione, facendo qualche piccolo sacrificio ed esaminando con cura la propria coscienza. Lungi dal nuocere, le suggestioni diaboliche diventano allora occasione di merito e di progresso nella virtù.


Un angelo di luce


Capita anche che il demonio si presenti a noi in modo seducente, come successe a Padre Maria Eugenio (1894-1967). Questo carmelita predicava un giorno un ritiro in un convento di Carmelitane. Lo si avverte che una suora di clausura desidera incontrarlo nel parlatorio. Vi si reca e si trova di fronte ad una religiosa che assomiglia perfettamente a Santa Teresa di Gesù Bambino. Essa comincia a fare un'infinità di complimenti al Padre, elogiandolo per le sue prediche, assicurandogli che diventerà un gran predicatore, ecc. Più essa parla, e più egli si sente male a suo agio. Si decide a farle una domanda: «Sorella, che cos'è l'umiltà?» A queste parole, la religiosa sparisce come per incanto; Padre Maria Eugenio riconosce allora il demonio. Così talvolta, esso si trasforma in angelo di luce e suggerisce dapprima all'anima pensieri buoni e santi, ma che si concludono con il turbamento, l'inquietudine e l'orgoglio. La vigilanza sui nostri pensieri, anche buoni, e l'umiltà sono mezzi sicuri per premunirci contro tali stratagemmi infernali. Il fatto di aprire la propria anima ad una guida spirituale può pure essere di gran soccorso (ved. Sant'Ignazio, Esercizi Spirituali, 326).

Dio custodisce e governa con la sua provvidenza tutto ciò che ha creato. Si cura di tutto, dalle minime cose fino ai più grandi eventi del mondo e della storia. Il suo disegno è quello di farci giungere all'eterna beatitudine, nel suo regno, dove condivideremo la sua stessa vita in una felicità perfetta. Per questo, si serve di tutte le creature. Fa parte del suo disegno provvidenziale far concorrere al nostro bene gli assalti dei demoni ed i soccorsi degli angeli buoni. Preghiamo dunque la Santa Vergine, che ha schiacciato la testa del serpente, San Giuseppe, Terrore dei demoni, San Michele e gli angeli custodi, di aiutarci a discernere le tentazioni diaboliche ed a seguire solo le ispirazioni celesti. Così, guidati dallo Spirito Santo, potremo compiere, un giorno dopo l'altro, la volontà divina.
È la grazia che chiediamo a Dio, per Lei e per tutti coloro che Le sono cari. Non dimentichiamo i Suoi defunti nelle nostre preghiere.
Dom Antoine Marie osb

AVE MARIA PURISSIMA!

sabato 28 giugno 2014

A Roma il natale dei santi Apostoli Piétro e Pàolo




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A Roma il natale dei santi Apostoli Piétro e Pàolo, i quali patirono
nello stesso anno e nello stesso giorno, sotto Nerone
Imperatore. Il primo di questi, nella medesima Città, crocifisso col
capo rivolto verso la terra, e sepolto nel Vaticàno presso la via Trionfale,
è celebrato con venerazione di tutto il mondo; l'altro decapitato
e sepolto sulla via Ostiènse, è venerato con pari onore.

In Cipro santa Maria, madre di Giovanni, soprannominato Marco.
Nel castello d'Argenton, in Frància, san Marcéllo Martire, il
quale, per la fede di Cristo, fu decapitato insieme con Anastàsio,
uomo militare.

A Génova il natale di san Siro Vescovo.

A Narni san Cassio, Vescovo di quella città, del quale racconta
san Gregorio Papa, che non passava quasi alcun giorno della sua
vita, nel quale non offrisse a Dio onnipotente ostie propiziatorie.
A questo conformava anche la sua vita, perchè, distribuendo in
elemosine tutto quello che aveva, nel tempo del sacrificio si profondeva
tutto in lacrime. Finalmente, nel giorno natalizio degli
Apostoli, in cui ogni anno era solito recarsi a Roma, nella stessa
città di Narni, dopo aver celebrato la Messa e dato a tutti il corpo
del Signore e la pace, passò a Dio.

Nel territorio di Sens santa Benedétta Vergine.

giovedì 26 giugno 2014

Il dolce amore di Gesù per la Vergine

S. Brigida, ora pro nobis.

MARIA

«Io sono il Creatore del cielo e della terra, una sola cosa, divina, con il Padre e lo Spirito Santo. Io sono co­lui che parlava ai patriarchi e ai profeti, colui che essi attendevano. È per soddisfare i loro desideri, secondo la mia promessa, che mi sono fatto uomo senza peccato né concupiscenza, entrando nel seno della Vergine, simile a un sole splendente che attraversa il vetro puro e tra­sparente. E, così come il sole attraversa il vetro senza danneggiarlo, la carne di Maria non è stata lesa né offe­sa, quando ho assunto attraverso lei la mia umanità. Ora, ho assunto l'umanità senza tuttavia smettere di es­sere divino. E sebbene fossi nel ventre della Vergine come essere umano, non di meno ero una cosa sola, divina, con il Padre e con lo Spirito Santo, guidando e colmando tut­te le cose, tanto che, così come lo splendore non si se­para mai dal fuoco, allo stesso modo la mia natura divi­na non si è mai separata dalla natura umana, nemmeno nella morte». Libro 1, 1

Maria intercede per i peccatori

...Allora la Madre di Dio, la Santa Vergine Maria, che all'inizio era rimasta in silenzio, parlò in questi ter­mini: «Mio Signore e amatissimo Figlio, nel mio ventre sei stato vero Dio e vero uomo; mi hai santificata con la tua bontà, io che ero un semplice vaso di terra. Ti pre­go, abbi pietà di loro ancora una volta». Allora nostro Signore rispose alla Madre: «Benedet­te siano le parole della tua bocca! Essa si è innalzata verso Dio come un profumo aromatico. Tu sei la gloria e la Regina degli angeli e dei santi, poiché hai in un cer­to qual modo consolato la divinità e rallegrato tutti i santi. E poiché la tua volontà è stata, sin dall'inizio della tua giovinezza, unita alla mia, farò ancora una volta quello che mi chiedi». E disse all'amata celeste: «Poiché hai combattuto con generosità, mi placherò di nuovo grazie alla tua carità. Salverò e guarirò chi è stato op­presso dalla violenza, l'onorerò con una forza cento vol­te superiore alle calunnie espresse nei suoi confronti. Darò la pace e la misericordia a quanti si faranno vio­lenza e mi chiederanno misericordia; e quelli che li di­sprezzeranno sentiranno e proveranno su di sé la mia giustizia». Libro 1, 5

Come lodare Maria e suo Figlio

«Io sono la Regina del cielo. Bisogna cercare con cu­ra il modo in cui lodarmi. Siate certi che qualsiasi lode a mio Figlio è una lode anche a me, e che quanti l'onora­no onorano anche me. Infatti ci siamo amati vicendevol­mente con tanto fervore che siamo stati un cuore solo; egli ha onorato in modo particolare me che ero un sem­plice vaso di terra, e mi ha esaltata al di sopra degli an­geli. È questo dunque il modo in cui dovete lodarmi: Benedetto sii tu, Dio! Creatore di tutte le cose, che ti sei degnato di scendere nel seno della Vergine Maria senza disagio, e di assumere da lei una carne umana sen­za peccato! Benedetto sii tu, Dio! che ti sei incarnato nella Vergine Santa e sei nato da lei senza peccato, col­mando di sussulti di gioia ineffabile la sua anima e tutte le sue membra! Benedetto sii tu, Dio! che hai rallegrato la Vergine Maria, tua Madre, dopo l'Ascensione, dando­le tante meravigliose consolazioni, e che l'hai visitata consolandola in modo divino! Benedetto sii tu, Dio! che hai portato in cielo il corpo e l'anima della Vergine Ma­ria, tua Madre, e che l'hai posta con onore accanto alla divinità, al di sopra di tutti gli angeli. Abbi misericordia di me grazie alle mie preghiere innamorate». Libro 1, 8

Il dolce amore di Gesù per la Vergine

«Io sono la Regina del cielo. Amate mio Figlio, poi­ché è onestissimo; e quando egli sarà in voi, sarete one­sti. Egli è amabilissimo; e quando sarà in voi, avrete tut­to ciò che è amabile. Amatelo perché è virtuosissimo; e quando sarà in voi, avrete ogni virtù. Desidero dirvi con quante delizie ha amato il mio corpo e la mia anima, e quanto ha onorato il mio nome. Ora, avendo io un corpo, Dio, al momento di creare la mia anima, l'ha calata nel mio corpo, e d'un tratto la mia anima e il mio corpo sono stati santificati, anima che gli angeli hanno custodito e conservato giorno e notte non appena è stata creata; e quando la mia anima è stata santificata e unita al mio corpo, mia madre ha provato così tanta gioia che è impossibile esprimere a parole. Dopo avere compiuto la mia esistenza, per pri­ma cosa egli ha innalzato la mia anima, che dominava il corpo, verso Dio, in grado sommamente superiore agli altri, e poi il mio corpo, tanto che il corpo di nessuna creatura è così vicino a Dio come il mio. Potete vedere, dunque, quanto mio Figlio abbia amato il mio corpo e la mia anima. Eppure alcuni hanno uno spirito maligno, e negano che io sia stata elevata verso Dio nel corpo e nell'anima. Potete vedere anche quanto mio Figlio abbia onora­to il mio nome: il mio nome è Maria, come si legge nei Vangeli. Quando gli angeli odono il mio nome, si ralle­grano in cuor loro e rendono grazie a Dio, che ha con­cesso loro una grazia e un favore tali che, attraverso me e con me, essi vedono l'umanità di mio Figlio glorificata in Dio. Quando gli angeli buoni sentono pronunciare il mio nome, si avvicinano subito agli uomini giusti di cui sono i custodi, e gioiscono meravigliosamente dei progressi dei loro protetti. [...] Anche i diavoli temono il nome di Maria e lo riveri­scono, poiché, quando lo odono, abbandonano imme­diatamente l'anima che tengono prigioniera, come un uccello rapace che stringe la preda fra gli artigli e nel becco, e la lascia se viene disturbato». Libro 1. 10

La Vergine Maria parla di sé a sua figlia Brigida

«Io sono la Regina del cielo, la Madre di Dio... Da quando, all'inizio dell'infanzia, conobbi il Signore, fui sempre attenta e timorosa per la mia salvezza e la mia obbedienza a lui. Quando seppi che Dio era il mio crea­tore e il giudice di tutte le mie azioni, l'amai intimamen­te; in ogni momento temetti di offenderlo con le mie parole e le mie azioni. Poi, quando seppi che aveva dato la legge e i suoi comandamenti al popolo, e che con essi aveva compiuto molte meraviglie, decisi risolutamente nella mia anima di non amare altri che lui; e le cose del mondo mi davano grande amarezza. Quando, venni a conoscenza anche del fatto che Dio avrebbe riscattato il mondo e sarebbe nato da una Vergine, mi sentii com­mossa e animata da così tanto amore nei suoi confronti, che pensavo solo a lui e non desideravo altri che lui. Mi allontanai il più possibile dai discorsi di tutti i giorni, e dalla presenza di genitori e amici; diedi ai poveri tutto ciò che avevo, e tenni per me solo un abito semplice e poche cose per vivere. Non mi piaceva nulla che non fosse Dio. Nel mio cuore nutrivo il desiderio incessante di vivere fino al giorno della sua nascita, per meritare di essere la serva della Madre di Dio, sebbene non mi rite­nessi degna di ciò. Dentro di me feci voto di rimanere vergine, se ciò era gradito a Dio, e di non possedere nient'altro al mondo. Ora, se la volontà di Dio fosse stata diversa, avrei desiderato che fosse fatta la sua volontà, non la mia, perché temevo che egli non potesse e non volesse niente che fosse utile per me; per questo, dunque, mi rimisi al­la sua volontà. Poiché si avvicinava il tempo della pre­sentazione delle vergini al Tempio, secondo la legge, che i miei genitori rispettavano, venni presentata con le altre fanciulle; dentro di me pensavo che nulla fosse im­possibile a Dio; e poiché egli sapeva che non desideravo né volevo altri che lui, poteva conservarmi nella vergi­nità, se ciò gli era gradito; diversamente, che fosse fatta la sua volontà. Dopo avere udito al Tempio ogni disposizione ed essere tornata a casa, bruciavo ancora di più dell'amore di Dio, ed ogni giorno ero accesa da un nuovo fuoco e da nuovi desideri di lui. Per questo mi allontanai più del consueto da tutti, rimanendo sola giorno e notte, con il grande timore che la mia bocca dicesse e che le mie orecchie udissero qualcosa contrario all'amore di Dio, o che i miei occhi vedessero qualcosa di delizioso. Temevo, inoltre, che il mio silenzio mi impedisse di esprimere quello che invece dovevo dire, ed ebbi cura di non fare quest'errore; essendo così turbata nel mio cuore e riponendo ogni mia speranza in Dio, d'un tratto mi ricordai di pensare all'immensa potenza divina, al modo in cui gli angeli e tutto il creato lo servono, e a quanto la sua gloria sia ineffabile e infinita. In estasi, vidi tre meraviglie: un astro, ma non come quello che splende in cielo; una luce, ma non come quel­la che brilla nel mondo; e sentii un profumo, ma non co­me quello delle erbe o di qualche sostanza aromatica, bensì soavissimo e ineffabile, un profumo di cui fui col-ma; ed ebbi un fremito di grande gioia. A quel punto, udii una voce profonda, ma non era una voce umana; e, dopo averla sentita, ebbi il timore che fosse stata un'illu­sione. D'improvviso mi apparve un angelo, simile a un uomo bellissimo, ma non di carne, che mi disse: «Ti salu­to, piena di grazia...». Dopo averne udito le parole, cer­cai di capirne il significato, o il motivo per cui mi avesse salutato in questo modo, poiché ero persuasa di essere indegna di una cosa simile e di qualsiasi bene mi venisse offerto, ma non ignorai il fatto che nulla era impossibile a Dio, e che egli poteva fare di me ciò che desiderava. Allora l'angelo mi disse per la seconda volta: «Colui che nascerà da te è santo, e si chiamerà Figlio di Dio (cfr. Lc 2); e sarà fatta la sua volontà». Io non credevo di esserne degna, e non chiesi all'angelo perché o quan­do si sarebbe compiuto tale mistero; tuttavia mi infor­mai sul modo in cui sarebbe avvenuto, poiché ero inde­gna di essere la Madre del Signore, e non conoscevo uo­mo; come ebbi pronunciato queste parole, l'angelo mi rispose che nulla era impossibile a Dio, e che ogni suo desiderio si sarebbe realizzato. Dopo aver udito l'angelo, provai un immenso desi­derio di essere la Madre di Dio, e mi sentii ricolma di un grande amore; la mia anima parlava con uno smisu­rato amore incomparabile. Per questo pronunciai le pa­role: 'Sia fatta in me la tua volontà'. A queste parole, il Figlio di Dio fu immediatamente concepito nel mio seno; la mia anima avvertì una gioia ineffabile e tutte le membra del mio corpo ebbero un sussulto. Lo custodivo in me e lo portavo senza dolore, senza pesantezza, senza disagio; mi umiliavo in ogni co­sa, sapendo che colui che portavo in me era onnipotente. Quando lo diedi alla luce, lo partorii senza dolore e senza peccato, così come l'avevo concepito, ma con una tale gioia nello spirito e nel corpo che i miei piedi quasi non toccavano la terra. E così come era entrato in tutte le mie membra con la gioia universale della mia anima, allo stesso modo ne uscì senza ledere la mia verginità, mentre le mie membra e la mia anima trasalivano di gioia ineffabile. Considerando e ammirando la sua bel­lezza, la mia anima era colma di gioia, poiché sapevo che ero indegna di un simile Figlio. Quando guardavo le sue mani e i suoi piedi nel pun­to in cui sarebbero stati conficcati i chiodi, poiché ave­vo sentito che, secondo i profeti, sarebbe stato crocifis­so, i miei occhi si scioglievano in lacrime, e la tristezza mi straziava il cuore. E quando mio Figlio mi vedeva così sconsolata e lacrimosa, si rattristava tantissimo. Ma quando pensavo alla potenza divina, mi consolavo di nuovo, poiché sapevo che Dio voleva ciò e che era op­portuno che le profezie si avverassero; allora conforma­vo la mia volontà alla sua; così il mio dolore si fondeva sempre con la gioia». Libro 1, 9

Piacevole conversazione fra Maria e suo Figlio

La Madre di Dio dice al Figlio: «Figlio mio, sei re della gloria; sei Signore su tutti i signori; hai creato il cielo, la terra e tutto ciò che contengono: per questo si compia il tuo desiderio e sia fatta la tua volontà». Risponde il Figlio: «Come dice il vecchio proverbio, quello che si è imparato in gioventù, lo si ricorda nella vecchiaia. Così per te, Madre mia! In gioventù hai im­parato a seguire la mia volontà, rinunciando alla tua per amore mio; è per questo che hai detto bene: 'Sia fatta la tua volontà'. Sei come l'oro prezioso che viene adagiato e sagomato sull'incudine, poiché sei stata forgiata da ogni sorta di tribolazioni e hai sofferto mille mali duran­te la mia indicibile Passione; infatti, quando il mio cor­po era spezzato sulla croce dall'intensità del dolore, il tuo cuore ne era ferito come se fosse stato trafitto con un ferro che strazia, e avresti permesso che fosse lacera­to, se solo lo avessi voluto; in verità, ti saresti opposta alla mia Passione e avresti desiderato la mia vita solo se ciò fosse stato conforme alla mia volontà. Perciò dici a ragion veduta: 'Sia fatta la tua volontà'». Libro 1, 20

La Chiesa riceve la misericordia di Dio per intercessione della Vergine Maria

Il Padre eterno rivolse le seguenti parole all'intera corte celeste che lo ascoltava: «Davanti a voi mi lamen­to: ho dato mia figlia (la Chiesa) a un uomo che l'afflig­ge troppo e la tiene miseramente in ceppi, tanto che tut­to il suo midollo scorre ai suoi piedi». Il Figlio gli rispo­se: «È colei che ho riscattato con il mio sangue e che ho sposato per amore; ma ora mi viene sottratta con violen­za?». Poi la Madre di Dio disse: «Voi siete mio Dio e mio Signore, e il mio corpo ha accolto le membra di tuo Figlio e del mio vero Figlio. Ora, non vi ho rifiutato nulla quando ero sulla terra: per questo abbiate pietà di vostra figlia per amore delle mie preghiere». Allora il Padre rispose al Figlio: «Figlio mio, le tue lamentele sono le mie, le tue parole le mie, le tue opere le mie. Sei in me ed io sono in te in modo inseparabile. Sia fatta la tua volontà». Poi, disse alla Vergine Santa, Madre di Dio: «Poiché non mi hai rifiutato nulla quan­do eri sulla terra, io non voglio rifiutarti nulla ora che sei in cielo. Sia fatta la tua volontà». Libro 1, 24

La Vergine Maria parla dell'umiltà

(Nel paragrafo precedente, la Vergine parla della su­perbia che paragona a una signora seduta su uno scanno molto alto, dove può sedere soltanto da sola,' per raggiun­gerlo bisogna passare per tre porte che corrispondono a tre livelli d'orgoglio sempre maggiori) «Io che sono umilissima», dice la Vergine Maria, «siedo in un luogo spazioso, e sopra di me non ci sono né la luna né il sole, bensì una serenità inestimabile e meravigliosa, che deriva dalla maestà divina. Sotto di me non ci sono né terra né pietre, ma un incomparabile riposo in seno alla divina verità. Accanto a me non ci sono mura, ma la gloriosa compagnia degli angeli e del­le anime beate. Sebbene io sia seduta così in alto, odo i gemiti e vedo le lacrime dei miei amici sulla terra. Vedo che le loro pene e la loro forza sono più grandi di quelle di chi combatte per signora Superbia; per questo andrò a visitarli e li metterò sul mio trono, che è spazioso e può contenerli tutti. Tuttavia essi non possono ancora raggiungermi fin tanto che due muri ci separano, muri attraverso cui li condurrò di sicuro, affinché arrivino al mio trono. Il primo muro è il mondo stretto e severo; perciò consolerò i miei servitori. Il secondo è la morte: ma io sono la loro cara Signora e Madre, li guiderò; li assisterò durante il trapasso affinché, nella morte, trovi­no conforto e consolazione. Li terrò accanto a me sul trono della gioia celeste, perché, con dilettazione perpe­tua e gloria eterna, riposino per sempre con gioia ine­sprimibile». Libro 1, 29

La Vergine adorna di una corona e di altri ornamenti

La Santa sposa Brigida vede la Madre di Dio, Regi­na del cielo, che porta sul capo una corona inestimabile. I suoi capelli, luminosi e bellissimi, ricadono sulle spal­le. La Vergine indossa una tunica d'oro scintillante e un mantello blu come il cielo; Brigida cade in un'estasi contemplativa, come se la vita interiore l'alienasse da se stessa. D'un tratto le appare San Giovanni Battista, che le dice: «Ascolta con attenzione: sto per rivelarti il signi­ficato di tutto ciò. La corona indica che la Santa Vergine è Regina, Si­gnora, Madre del Re degli angeli. I capelli sparsi signifi­cano che è vergine purissima e assolutamente perfetta. Il suo mantello blu come il cielo denota che per lei tutte le cose temporali sono morte. La sua tunica d'oro sim­boleggia che ha provato un amore e una carità ardenti, sia interiormente che esteriormente. Suo Figlio ha posto nella sua corona sette gigli, il primo è la sua umiltà; il secondo il timore; il terzo l'ob­bedienza; il quarto la pazienza; il quinto la serenità; il sesto la dolcezza, poiché dare a chiunque chieda si addice a coloro che sono dolci; il settimo è la misericordia nel bisogno: in qualsiasi necessità si trovino gli uomini, essi si salvano se la invocano. Il Figlio di Dio ha posto fra questi sette gigli sette pietre preziose: la prima è la sua eminente virtù, poi­ché negli spiriti non c’è virtù tale che questa Vergine Santa non abbia in sé in sommo grado; la seconda è una purezza perfetta, poiché questa Regina del cielo è stata così pura che in lei non c'è mai stata la minima macchia di peccato, e nessun demone è riuscito a tro­vare in lei alcuna impurità. Ella è davvero purissima, perché era opportuno che il Re della gloria riposasse unicamente in un vaso purissimo e di prima scelta, al di sopra degli angeli e degli uomini. La terza pietra preziosa è la bellezza, tanto che i santi lodano Dio per la bellezza di sua Madre, e si compie così la gioia di tutti gli angeli, di tutti i santi e di tutte le sante. La quarta pietra preziosa della corona è la saggezza della Vergine Madre, poiché, essendo adorna di fulgore e di bellezza, ella è stata colmata e dotata di ogni saggezza da Dio. La quinta è la forza, poiché ella è così forte at­traverso Dio che può distruggere e disperdere tutto ciò che è stato creato. La sesta pietra è il suo sfavillìo e la sua luminosità, poiché gli angeli, i cui occhi sono più chiari della luce, ne sono illuminati, e i demoni, abbacinati dalla sua bellezza, non osano guardare il suo splendore. La settima pietra è la pienezza di ogni dilettazione, di ogni dolcezza spirituale, presente in lei con tale ricchezza che non c'è gioia che non sia accre­sciuta dalla sua, né dilettazione che non si completi con la sua vista beata; poiché ella è stata colmata di grazia al di sopra di tutti i santi; poiché è vaso di pu­rezza in cui si trovano ogni dolcezza e ogni bontà. Suo Figlio ha posto queste pietre fra i gigli che erano sulla corona della Vergine. Onorala, dunque, sposa del Fi­glio! e lodala con tutto il cuore, perché ella è degna di ogni onore e di ogni lode». Libro 1, 31

Il dolore della Vergine accanto alla Croce

«Pensa, figlia mia», diceva la Vergine Maria, «alla Passione di mio figlio, le cui membra sono state quasi le mie membra, e il cui cuore è stato quasi il mio cuore: poiché lui, come gli altri figli, ha abitato nel mio seno, ma è stato concepito con un amore fervente per amore divino. San Giovanni, suo cugino, dice a ragion veduta 'il Verbo si è fatto carne', perché con incomparabile ca­rità egli è venuto ed è restato in me. Ora, la Parola e l'Amore lo hanno creato in me. Avevo l'impressione che metà del mio cuore uscisse da me, e quando egli soffri­va, provavo il suo dolore, come se il mio cuore soppor­tasse i suoi tormenti. Infatti, così come, se si punge la parte esterna di una persona, ne risente anche il suo in­terno, così quando mio Figlio veniva percosso e flagella­to, lo stesso provava anche il mio cuore. Io sono stata anche colei che gli è rimasta più vicino durante la Passione. Non mi sono mai separata da lui e sono restata accanto alla croce; così come ciò che è più vicino al cuore è afflitto più duramente, così il suo dolo­re era più amaro per me che per chiunque altro. Quan­do egli mi ha guardato dall'alto della croce ed io gli ho restituito lo sguardo, dai miei occhi sgorgavano fiumi di lacrime; e quando ha visto che ero spezzata dal dolore delle sue piaghe, gli è parso che la sua sofferenza si cal­masse. Perciò oso dire che il suo dolore era il mio dolo­re, poiché il suo cuore era il mio cuore; così come Ada­mo ed Eva hanno venduto il mondo per una mela, così il mio caro Figlio ed io lo abbiamo riscattato con il no­stro cuore». Libro I, 35

Tutte le virtù e tutte le grazie sono custodite nella Vergine Maria

«Ci sono tre cose in particolare per cui sono pia­ciuta a mio Figlio», diceva la Madre di Dio alla sposa: «- l'umiltà, tanto che nessun uomo, nessun angelo e nessuna creatura era più umile di me; - ho eccelso nell'obbedienza, perché mi sono sforzata di obbedire a mio Figlio in ogni cosa; - ho avuto in sommo grado una carità singolare, e per questo sono stata onorata tre volte tanto da lui, poiché per prima cosa sono stata onorata dagli angeli e dagli uomini, tanto che non c’è virtù divina che non risplenda in me, sebbene egli sia l'origine e il Creatore di tutte le cose. Io sono la creatu­ra cui egli ha concesso una grazia più eminente che a tutte le altre creature. In secondo luogo, ho ottenuto una grande potenza, grazie alla mia obbedienza, tanto che non c'è peccatore, per quanto corrotto, che non ottenga il suo perdono se si rivolge a me con cuore contrito e il fermo proposito di fare ammenda. In terzo luogo, attraverso la mia carità, Dio si avvicina a me a tal punto che chi vede Dio, vede me, e chi vede me, può vedere in me, come in uno specchio più perfetto di quello degli altri, la divinità e l'umanità, e me in Dio; infatti chiunque vede Dio, vede in lui tre Persone; e chiunque vede me, vede tre Persone, dato che il Si­gnore mi ha rinchiuso dentro di sé con la mia anima e il mio corpo, e mi ha colmato di ogni genere di virtù, tanto che non c’è virtù in Dio che non risplenda in me, sebbene Dio sia il Padre e l'autore di tutte le virtù. Quando due corpi si uniscono, l'uno riceve quello che riceve l'altro: lo stesso succede tra me e Dio, poiché in lui non c'è dolcezza che non sia per così dire in me, come colui che ha il gheriglio di una noce e ne dà metà a un altro. La mia anima e il mio corpo sono più puri del sole e più lucidi di uno specchio. Così come in uno specchio si possono vedere tre persone, se fossero pre­senti, allo stesso modo è possibile vedere nella mia pu­rezza il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, poiché ho portato il Figlio nel mio seno; ora lo si vede in me con Dio e l'umanità come in uno specchio, perché sono pie­na di gloria. Sforzati dunque, sposa di mio Figlio! di se­guire la mia umiltà e di non amare altri che mio Figlio». Libro I, 42

Parole di lode scambiate fra la Madre e il Figlio in presenza della sposa

La Vergine Maria parlava a suo Figlio, dicendo: «Sii benedetto, Figlio mio, tu che sei senza inizio e senza fi­ne; tu che sei stato l'uomo più abile e più virtuoso che sia mai esistito; tu che sei stato la creatura più degna del mondo!». Il Figlio rispose dicendo: «Madre mia, le parole che escono dalla tua bocca mi sono gradite, e nutrono i pen­sieri più segreti del mio cuore in modo dolce e soave; tu per me sei più dolce di qualsiasi altra creatura. Sebbene io ami i santi, amo te con amore ancora più ardente, più singolare e più eccelso, perché sono stato generato dalla tua carne. Sei come la mirra di prima qualità, il cui pro­fumo sale fino a Dio e lo conduce nel tuo corpo: lo stes­so profumo ha attirato a sé il tuo corpo e la tua anima. Sii benedetta, perché gli angeli si rallegrano per la tua bellezza; e, grazie alla tua virtù, chiunque ti invochi con cuore puro sarà liberato. Tutti i demoni tremeranno da­vanti alla tua luce». Libro 1, 46

Parole di lode e di benedizione scambiate tra la Madre e il Figlio

La Madre di Dio parlava a suo Figlio, dicendo: «Ca­ro Figlio mio, che il tuo nome sia benedetto in eterno con la tua divinità infinita! Nella tua divinità ci sono tre cose meravigliose: la tua potenza, la tua saggezza e la tua virtù. La tua potenza infinita è come un fuoco che arde, davanti a cui tutto ciò che è forte e rigido si spezza e si rompe, come la paglia seccata dal fuoco. La tua saggez­za imperscrutabile è come il mare, che non può inaridir­si tale è la sua grandezza, che copre le valli e le monta­gne; e come i flutti impetuosi salgono e scendono, allo stesso modo, nessuno può giungere alla conoscenza della tua saggezza, né può trovare la strada per sondarla ed arrivarci. Con quanta saggezza hai creato l'uomo e l'hai formato e messo al di sopra di ogni creatura! Con quan­ta saggezza hai disposto 'gli uccelli nell'aria, gli animali sulla terra, i pesci nel mare, dando ad ognuno di loro un tempo e un ordine! Con quanta saggezza hai reso saggi gli stolti, e stolti i superbi! La tua virtù, insigne e prodi­giosa, è come la luce del sole che splende in cielo e colma la terra del suo splendore, così come la tua virtù, che sazia le cose del cielo e della terra e le ricolma tutte. Per questo tu sii benedetto, caro Figlio mio! Tu che sei il mio Dio gentile e il mio Signore maestoso!». il Figlio rispose: «Madre amatissima, le tue parole sono dolci e piacevoli per me, perché sono pronunciate dalla tua anima, assolutamente bella e pura. Come la bella e bionda aurora, ti alzi al mattino con luminosità e serenità gettando i tuoi raggi su tutti i cieli, e la tua luce e il tuo fulgore superano ogni angelo. Con la grazia inef­fabile, hai dolcemente attirato a te il sole, ossia la mia divinità, e poiché il sole della mia divinità è giunto a te, si è legato e unito a te; e sei stata riscaldata più di chiun­que altro dal suo calore attraverso il mio amore, e grazie alla mia saggezza divina sei stata illuminata, più di chiunque altro, dal suo splendore. Per merito tuo si so­no dissipate le spesse tenebre della terra e tutti i cieli si sono illuminati. In verità ti dico che la tua incomparabi­le purezza, che mi è piaciuta più di quella degli angeli, ti ha valso la mia adorabile divinità, affinché tu fossi in­fiammata dal fuoco di questo Spirito divino, con il qua­le hai rinchiuso in te il vero Dio e il vero uomo, e attra­verso cui ogni uomo è stato illuminato e gli angeli si so­no rallegrati. Madre mia! Sii dunque benedetta dal tuo Figlio be­nedetto. Per questo non domanderai nulla che non ti sia concesso; e per merito tuo chi mi chiederà misericordia con il desiderio di correggere i propri errori, riceverà la mia grazia, perché, così come il calore proviene dal sole, allo stesso modo attraverso te giungerà ogni misericordia: perché tu sei come una fontana che si espande ovunque e dalla quale la misericordia sgorga sui malvagi». La Madre rispose nuovamente al Figlio: «Figlio mio, che ogni gloria e ogni virtù siano con te. Tu sei mio Dio e mia misericordia. Tutto ciò che mi è caro è tuo. Tu sei come il seme che non è stato seminato, e che tuttavia è cresciuto e ha fatto frutti cento, mille volte tanto. Ogni misericordia trae origine da te; ed essendo indicibile e infinita, può giustamente essere espressa con il numero simbolico cento, sinonimo di perfezione, perché qual­siasi perfezione e qualsiasi beneficio dipende da te». Allora il Figlio disse alla Madre: «Madre mia, mi hai paragonato a ragion veduta al seme che non è stato se­minato, e che tuttavia è cresciuto, perché sono cresciuto in te con la mia divinità e la mia umanità, ed essa non è stata seminata con mescolanza, eppure è cresciuta in te, e da essa è sgorgata in abbondanza la mia misericordia in tutti e per tutti; per questo ti sei espressa bene. Ora, quindi, chiedi tutto ciò che vuoi, e ti sarà dato, perché tu invochi la mia infinita misericordia con la forza e con le dolci parole della tua bocca». La Madre gli rispose dicendo: «Figlio mio, poiché ho ricevuto ed ottenuto la tua misericordia, oso chie­derti misericordia e soccorso per i poveri miserabili. Fi­glio mio e mio Signore, concedi loro la tua misericordia attraverso le mie preghiere». Il Figlio rispose: «Chiunque invochi il tuo nome e abbia fiducia nelle tue preghiere, con la volontà di cor­reggersi e fare ammenda dei suoi errori, dapprima rice­verà queste tre cose, e poi il regno celeste, perché avver­to così tanta dolcezza nelle tue parole, che non posso ri­fiutare quello che mi chiedi; poiché anche tu desideri solo ciò che voglio io. Infine, sei come una fiamma lu­minosa e ardente, attraverso la quale le luci spente si so­no accese e il cui ardore cresce: così, grazie alla tua ca­rità, che è salita al mio cuore e mi ha attirato verso te, chi è stato sorpreso nel peccato dalla morte, rivivrà nel­la vita vivente del mio amore infinito». Libro 1, 50


AVE MARIA PURISSIMA!

mercoledì 25 giugno 2014

Gustiamo la Bibbia con Sant'Antonio di Padova

I. La preparazione della cena e gli inviti 


3. “Un uomo fece una grande cena”. Considera che c’è una duplice cena: la cena della penitenza e la cena della gloria. E poiché senza la prima non si arriva alla seconda, prepariamo la prima e vediamo quali siano gli alimenti necessari.
Qui abbiamo la concordanza con il primo libro dei Re, dove si racconta che Anna “allattò il figlio (Samuele) fino al tempo dello svezzamento. Dopo averlo svezzato, lo condusse con sé portando tre vitelli, tre misure di farina e un’anfora di vino; e lo condusse alla casa del Signore a Silo” (1Re 1,23-24).

Anna, che s’interpreta “grazia”, è figura della grazia dello Spirito Santo, la quale con le due mammelle della grazia preveniente e della grazia “susseguente” (cooperante), allatta il penitente finché lo svezza totalmente dal latte della concupiscenza della carne e della vanità del mondo.

E osserva che come la madre che vuole svezzare il figlio si bagna le mammelle di liquido amaro, affinché il bambino che cerca il dolce trovi invece l’amaro e quindi venga distolto dal dolce, così la grazia dello Spirito Santo cosparge le mammelle dei beni temporali con il liquido amaro della tribolazione, affinché l’uomo rifugga da questa dolcezza cosparsa di amarezze, e ricerchi la dolcezza vera.

“E dopo averlo svezzato lo prese con sé, insieme con tre vitelli”. Ecco i cibi che si devono preparare per la cena della penitenza. La grazia porta con sé il penitente insieme con tre vitelli, nei quali è indicata la triplice offerta.

Il vitello di un cuore contrito e afflitto, come dice il Salmo: “Allora porranno vitelli sopra il tuo altare” (Sal 50,21). Sopra l’altare, cioè nella contrizione del cuore, i penitenti pongono i vitelli, vale a dire bruciano i piaceri e i pensieri immondi.

Il vitello della confessione. Dice Osea: “Prendete con voi le parole, convertitevi al Signore e dite: Togli ogni iniquità e accetta il bene, e ti offriremo i vitelli delle nostre labbra” (Os 14,3). Prende con sé le parole colui che si sforza di praticare ciò che ascolta, e così si converte al Signore. E al Signore dice anche: “Togli ogni iniquità”, che io ho commesso, “e accetta il bene” che tu stesso hai dato. “Non a me, Signore, non a me, ma al tuo nome dà gloria” (Sal 113B,1). E così io ti renderò “i vitelli delle mie labbra”, farò cioè la confessione del mio crimine e a te innalzerò la lode.

Il vitello del corpo, castigato con la penitenza. “Vitello e vitella sono così chiamati per la loro “verde” età. Vitello e vitella sono figura della nostra carne, la quale nella verde età della giovinezza si sbizzarrisce spensieratamente per i prati di una colpevole sfrenatezza. Di essa dice Sansone: “Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste decifrato il mio enigma” (Gdc 14,18). Sansone è figura dello spirito; la giovenca rappresenta la nostra carne: se ariamo su di essa, facendola soffrire con la penitenza, decifreremo l’enigma, che è questo: “Che cos’è più dolce del miele? Che cos’è più forte del leone” della tribù di Giuda? (Gdc 14,18). Che cosa c’è di più dolce del miele, cioè della contemplazione? Che cosa c’è di più forte del leone, cioè del predicatore, al cui ruggito tutti gli animali devono fermare il passo? Che cos’è più dolce del miele della mansuetudine? Che cos’è più forte delle leone della severità? Giustamente quindi è detto: “E lo portò con sé, insieme con tre vitelli”.

“E con tre misure di farina”. Il grano si macina e si riduce in farina. La farina, impastata con l’acqua, si solidifica in pane, il quale sostiene il cuore dell’uomo (cf. Sal 103,15). Allo stesso modo il grano delle nostre opere dev’essere macinato per mezzo di una severa critica, triturato con un attento esame, per risultare purificato come la farina.

Questo esame poi dev’essere triplice, come è indicato dalle tre misure. Si deve esaminare la natura dell’opera che compiamo, la sua origine e la sua finalità. Quindi l’opera dev’essere mescolata con l’acqua delle lacrime, per implorare l’irrigazione inferiore e l’irrigazione superio­re (cf. Gdc 1,15): e l’opera dev’essere offerta o per il riscatto delle opere cattive del passato, o per il deside­rio dell’eterna felicità; e questo era prefigurato nelle due tortore che si offrivano sotto la Legge, una delle quali veniva offerta per il peccato, e l’altra veniva bruciata in olocausto (cf. Lv 12,8).

Quindi con la farina e con l’acqua si impasta il pane, che sostenta il cuore dell’uomo, perché con le opere buone mescolate alle lacrime si nutre e si arricchisce la co­scienza dell’uomo.
“E un’anfora di vino”, la quale ha tre misure (Glossa). Nel vino è raffigurata la letizia della mente, che consiste in tre cose: nel testimonio della buona coscienza, nell’edi­fi­ca­zione del prossimo e nella speranza della felicità eterna.

Con tutte queste cose la madre Anna, vale a dire la grazia dello Spirito Santo, conduce il suo figlio, il giusto, alla casa del Signore a Silo, che significa “tra­sferita”, lo guida cioè fino alla vita eterna, alla quale i santi vengono trasferiti dal pellegrinaggio di questo mondo, e alla cui cena di gloria banchettano insieme con gli spiriti beati.

3. “Un uomo fece una grande cena”. Considera che c’è una duplice cena: la cena della penitenza e la cena della gloria. E poiché senza la prima non si arriva alla seconda, prepariamo la prima e vediamo quali siano gli alimenti necessari.

Qui abbiamo la concordanza con il primo libro dei Re, dove si racconta che Anna “allattò il figlio (Samuele) fino al tempo dello svezzamento. Dopo averlo svezzato, lo condusse con sé portando tre vitelli, tre misure di farina e un’anfora di vino; e lo condusse alla casa del Signore a Silo” (1Re 1,23-24).

Anna, che s’interpreta “grazia”, è figura della grazia dello Spirito Santo, la quale con le due mammelle della grazia preveniente e della grazia “susseguente” (cooperante), allatta il penitente finché lo svezza totalmente dal latte della concupiscenza della carne e della vanità del mondo.

E osserva che come la madre che vuole svezzare il figlio si bagna le mammelle di liquido amaro, affinché il bambino che cerca il dolce trovi invece l’amaro e quindi venga distolto dal dolce, così la grazia dello Spirito Santo cosparge le mammelle dei beni temporali con il liquido amaro della tribolazione, affinché l’uomo rifugga da questa dolcezza cosparsa di amarezze, e ricerchi la dolcezza vera.

“E dopo averlo svezzato lo prese con sé, insieme con tre vitelli”. Ecco i cibi che si devono preparare per la cena della penitenza. La grazia porta con sé il penitente insieme con tre vitelli, nei quali è indicata la triplice offerta.


Il vitello di un cuore contrito e afflitto, come dice il Salmo: “Allora porranno vitelli sopra il tuo altare” (Sal 50,21). Sopra l’altare, cioè nella contrizione del cuore, i penitenti pongono i vitelli, vale a dire bruciano i piaceri e i pensieri immondi.

Il vitello della confessione. Dice Osea: “Prendete con voi le parole, convertitevi al Signore e dite: Togli ogni iniquità e accetta il bene, e ti offriremo i vitelli delle nostre labbra” (Os 14,3). Prende con sé le parole colui che si sforza di praticare ciò che ascolta, e così si converte al Signore. E al Signore dice anche: “Togli ogni iniquità”, che io ho commesso, “e accetta il bene” che tu stesso hai dato. “Non a me, Signore, non a me, ma al tuo nome dà gloria” (Sal 113B,1). E così io ti renderò “i vitelli delle mie labbra”, farò cioè la confessione del mio crimine e a te innalzerò la lode.

Il vitello del corpo, castigato con la penitenza. “Vitello e vitella sono così chiamati per la loro “verde” età. Vitello e vitella sono figura della nostra carne, la quale nella verde età della giovinezza si sbizzarrisce spensieratamente per i prati di una colpevole sfrenatezza. Di essa dice Sansone: “Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste decifrato il mio enigma” (Gdc 14,18). Sansone è figura dello spirito; la giovenca rappresenta la nostra carne: se ariamo su di essa, facendola soffrire con la penitenza, decifreremo l’enigma, che è questo: “Che cos’è più dolce del miele? Che cos’è più forte del leone” della tribù di Giuda? (Gdc 14,18). Che cosa c’è di più dolce del miele, cioè della contemplazione? Che cosa c’è di più forte del leone, cioè del predicatore, al cui ruggito tutti gli animali devono fermare il passo? Che cos’è più dolce del miele della mansuetudine? Che cos’è più forte delle leone della severità? Giustamente quindi è detto: “E lo portò con sé, insieme con tre vitelli”.

“E con tre misure di farina”. Il grano si macina e si riduce in farina. La farina, impastata con l’acqua, si solidifica in pane, il quale sostiene il cuore dell’uomo (cf. Sal 103,15). Allo stesso modo il grano delle nostre opere dev’essere macinato per mezzo di una severa critica, triturato con un attento esame, per risultare purificato come la farina.

Questo esame poi dev’essere triplice, come è indicato dalle tre misure. Si deve esaminare la natura dell’opera che compiamo, la sua origine e la sua finalità. Quindi l’opera dev’essere mescolata con l’acqua delle lacrime, per implorare l’irrigazione inferiore e l’irrigazione superio­re (cf. Gdc 1,15): e l’opera dev’essere offerta o per il riscatto delle opere cattive del passato, o per il deside­rio dell’eterna felicità; e questo era prefigurato nelle due tortore che si offrivano sotto la Legge, una delle quali veniva offerta per il peccato, e l’altra veniva bruciata in olocausto (cf. Lv 12,8).

Quindi con la farina e con l’acqua si impasta il pane, che sostenta il cuore dell’uomo, perché con le opere buone mescolate alle lacrime si nutre e si arricchisce la co­scienza dell’uomo.
“E un’anfora di vino”, la quale ha tre misure (Glossa). Nel vino è raffigurata la letizia della mente, che consiste in tre cose: nel testimonio della buona coscienza, nell’edi­fi­ca­zione del prossimo e nella speranza della felicità eterna.


Con tutte queste cose la madre Anna, vale a dire la grazia dello Spirito Santo, conduce il suo figlio, il giusto, alla casa del Signore a Silo, che significa “tra­sferita”, lo guida cioè fino alla vita eterna, alla quale i santi vengono trasferiti dal pellegrinaggio di questo mondo, e alla cui cena di gloria banchettano insieme con gli spiriti beati.

martedì 24 giugno 2014

13 giugno 2014 – Quello sarà il Giorno più Grande da quando Dio creò Adamo ed Eva


13 giugno 2014 – Quello sarà il Giorno più Grande da quando Dio creò Adamo ed Eva

Mia amata figlia diletta, il Mio Tempo è molto vicino, perciò è importante che ogni singola persona nel mondo si prepari come se dovesse essere presa da questa vita da un momento all’altro. Non ignorate la Mia Chiamata, perché chi non riuscirà a prepararsi per il Grande Giorno sarà abbandonato alla più grande angoscia.
Nel Giorno della Mia Seconda Venuta, che sarà preceduta dall’Avvertimento, in cui Io dimostrerò al mondo Chi Io Sono, dovrete essere pronti.Vengo per tutti voi, per portarvi nello splendido, nuovo e glorioso Paradiso. Io non voglio escludere nessuno. Ognuno di voi è un figlio amato da DioColoro che non sono consapevoli della loro discendenza, sapranno immediatamente Chi Io Sono, poiché ciò scaturirà da un istinto umano, radicato in loro, proprio come quello di un bambino che viene separato dal suo genitore naturale; egli riconoscerà la propria carne e il proprio sangue anche se ci dovesse volere una vita per potersi riunire l’unl’altro. Sarà una cosa naturale e, per coloro che hanno un cuore caloroso, il momento finale sarà riempito da un amore esaltante.Non avrete nulla da temere.
Coloro che scelgono di credere in falsi dèi e che non riconoscono il Dio Uno e Trino, non Mi accetteranno prontamente, perché Mi hanno sempre rifiutato. Eppure, Io vi attirerò a Me e vi accoglierò. Il Potere di Dio scenderà su di voi grazie al Dono dello Spirito Santo, e farete fatica a voltarMi le spalle, e quindi, per quelli di voi che Mi vedranno, compresi quelli che Mi hanno respinto in questa vita, a quel punto si realizzerà la Verità. Voi lascerete che Io vi attiri nelle Mie Sante Braccia.
Innalzerò tutti voi, in un attimo, in un batter d’occhio, nel Mio Nuovo Regno e poi comincerà l’inizio della fine. Quelle anime che idolatravano la bestia e che si sono dedicate corpo, mente e anima a Satana, divenendo suoi agenti volontari, non avranno nessun luogo ove andare, né per nascondersi e saranno lasciati senza alcun aiuto, poiché Satana li avrà abbandonati. Infatti da quel momento, Satana sarà gettato nell’abisso ed il suo potere cesserà completamente.A quelle anime, dico questo: “Anche in quel momento vi mostrerò Misericordia,dovete solo invocarMi e dire: Gesù, aiutami.Gesù, perdonami per tutti i miei peccati ed Io innalzerò anche voi, nel Mio Nuovo Paradiso.
Io salverò ogni anima che Mi invoca anche poco prima che i cieli si chiudano; le montagne crolleranno, il mare inonderà la Terra e poi i Cieli spariranno insieme ad essa. Sorgerà allora il Mio Nuovo Paradiso, il Nuovo Cielo e la Nuova Terra, così come erano stati creati per Adamo ed Eva, e tutto si rallegrerà, poiché questo sarà il Giorno più Grande da quando Dio creò Adamo ed Eva. Non perdete mai la speranza e ricordate le Parole che vi dico adesso.
La Mia Misericordia è talmente Grande che anche coloro che hanno venduto l’anima al diavolo saranno salvati, se lo desiderano, invocandoMi nell’Ultimo Giorno. Anche loro potranno vivere una Vita Eterna di grande gloria, con tutti i figli di Dio. Questo Nuovo Paradiso è la vostra legittima eredità. Non sperperatela per seguire le false e vuote promesse di Satana.
Io vi amo tutti. Tenete sempre il Mio Amore rinchiuso nei vostri cuori ed Io vi proteggerò sempre dal male.
Il vostro Gesù