venerdì 29 agosto 2014

Sermone Angelico - Venerdì - Santa Brigida


Nelle tre lezioni che seguono l'angelo tratta delle amarissime pene della gloriosa Vergine per la dolorosa morte del Figlio, e della costanza d'animo che la Vergine ebbe in tutti i suoi dolori.
LEZIONE PRIMA – CAPITOLO XVI  
Venerdì
Assoluzione: Ci riconcilii a Cristo redentore la vergine Madre del suo Creatore. Amen.

Si legge che la Vergine Maria si turbò all'annunzio dell'angelo. Certo, essa non si spaventò allora di qualche pericolo del suo corpo, ma ebbe timore che dall'inganno del nemico del genere umano le venisse qualche nocumento dell'anima. Perciò deve intendersi che quando lei giunse all'età che il suo senso ed intelletto poterono conoscere Dio e la sua volontà, come cominciò subito ad amarlo consapevolmente, così anche ad averne salutare timore. Giustamente, dunque, questa Vergine può chiamarsi rosa piacente; perché, come la rosa suol crescere tra le spine, così questa veneranda vergine crebbe nel mondo tra le tribolazioni. E, come la rosa, quanto più si espande crescendo, tanto più forte e acuta ne diventa la spina, così anche quest'elettissima rosa Maria, quanto più cresceva in età, tanto più a fondo era punta dalle spine di più forti tribolazioni.

Trascorsa finalmente l'età giovanile, il timore di Dio fu la sua prima tribolazione, perché non solo era angustiata dal più grande timore nella preoccupazione d'evitare i peccati, ma anche non poco penava nel ricercare come fare con perfezione le opere buone. E benché ordinasse con ogni attenzione pensieri, parole ed opere ad onore di Dio, temeva che in esse vi fosse qualche difetto. Considerino, dunque, gli stessi miseri peccatori che continuamente ardiscono commettere volutamente perverse lusinghe d'ogni genere, quanti tormenti e quante miserie accumulano alle loro anime, vedendo che questa gloriosa Vergine, immune da ogni peccato, compiva con timore anche le sue opere sommamente piacevoli a Dio. Comprendendo poi dalle sacre scritture dei profeti che Dio voleva incarnarsi, e che doveva essere straziato da svariate pene nella sua carne assunta, ne provò subito nel suo cuore, per il fervente amore che aveva verso Dio, non poca afflizione, benché non sapesse ancora ch'essa doveva esserne la madre.

Quando poi pervenne all'età che il Figlio di Dio divenne suo Figlio e sentì ch'egli aveva preso nel suo seno il corpo che doveva dar compimento in sé alle predizioni dei profeti, allora la mitissima rosa sembrava crescere maggiormente e dilatarsi nella sua bellezza, e le spine delle afflizioni, pungendola aspramente, si facevano sempre più dure e pungenti. Perché, come le veniva grande ed ineffabile gioia nella concezione del Figlio, così anche, al pensiero della crudelissima futura passione, il suo animo era afflitto da molteplice tribolazione. Godeva, infatti, la Vergine che il Figlio suo, con la sua umiltà, avrebbe ricondotti alla gloria del regno celeste i suoi amici, ai quali il primo uomo, per la sua superbia, aveva meritata la pena dell'inferno. Ma si addolorava perché, come l'uomo per la cattiva concupiscenza aveva peccato nel Paradiso in tutte le sue membra, così prevedeva che il Figlio suo, ad espiare il peccato dello stesso uomo, avrebbe soddisfatto nel mondo con atrocissima morte del proprio corpo. Esultava la Vergine per aver concepito il suo Figlio senza peccato e diletto carnale, ed averlo partorito senza dolore, ma si affliggeva prevedendo che un figlio così dolcissimo sarebbe morto d'ignominiosissima morte, e che lei stessa ne avrebbe vista la morte nella suprema ambascia del suo cuore.

Godeva inoltre, la Vergine, prevedendo che egli sarebbe risorto dalla morte, e per la sua passione sarebbe stato elevato al supremo fastigio di eterno onore; ma si addolorava prevedendo anche che, prima di quell'onore, sarebbe stato orrendamente straziato da atroci dolori, contumelie ed insulti.

Deve veramente credersi senza esitazione che, come la rosa sta costantemente eretta nella sua posizione, benché le spine all'intorno siano divenute più forti e più acute, così questa benedetta rosa, Maria, teneva l'animo talmente saldo che, per quanto le spine della tribolazione ne pungessero il cuore, non ne mutavano però la volontà, che si mostrava prontissima a soffrire e fare qualunque cosa piacesse a Dio. Molto degnamente, quindi, è paragonata a rosa che fiorisce, e propriamente alla rosa di Gerico; perché, come della rosa di quel luogo si legge che supera nella sua bellezza gli altri fiori, così Maria, con la bellezza della sua onestà e dei suoi costumi, supera tutti i viventi in questo mondo, eccettuato soltanto il suo benedetto Figlio. Perciò, come Dio e gli angeli gioivano per la sua virtuosa costanza nel cielo, così nel mondo si rallegrano sommamente di essa gli uomini, considerando con quanta pazienza si comportava nelle tribolazioni e con quanta prudenza nelle consolazioni.
LEZIONE SECONDA – CAPITOLO XVII  
Venerdì
Assoluzione: Ci scampi di sua madre per la prece chi per noi col suo sangue soddisfece. Amen.

Tra le altre cose che le voci dei profeti predissero del Figlio di Dio, preannunziarono anche qual dura morte voleva soffrire in questo mondo nel suo innocentissimo corpo, affinché gli uomini godessero eterna vita con lui in cielo. Preannunziavano poi i profeti, e lo scrivevano, come lo stesso Figlio di Dio, per la liberazione del genere umano, doveva esser legato e flagellato, e in qual modo doveva esser condotto alla croce, e quanto ignominiosamente doveva esser trattato e crocifisso. Perciò, credendo noi ch'essi sapevano bene per qual motivo l'immortale Dio volle assumersi carne mortale ed essere straziato in questa sua carne in tutti i modi, ne consegue che la fede cristiana non deve dubitare che anche più chiaramente sapesse questo la nostra Vergine e signora, che Dio prima dei secoli si era predestinata come madre; né è giusto credere che alla stessa Vergine fosse nascosta la ragione per cui Dio si degnava di vestirsi di umana carne in seno a lei. E certamente deve credersi che dall'ispirazione dello Spirito Santo essa comprese, più perfettamente degli stessi profeti, tutto quello che le loro parole illustravano, dicendo essi con la bocca le parole ispirate dallo stesso Spirito.

Quindi deve certissimamente credersi che, quando la Vergine, dopo averlo partorito, prese per la prima volta il Figlio di Dio tra le sue braccia, subito le venne in mente come egli doveva adempiere le scritture dei profeti. Quando poi lo avvolgeva nei panni, allora considerava nell'animo con quanto fieri flagelli doveva esser lacerato il suo corpo, da dover sembrare quasi un lebbroso. Anche raccogliendo dolcemente mani e piedi del suo Figlio bambino nelle fasce, la Vergine ripensava con quanto strazio dovevano esser trapassati da chiodi di ferro sulla croce. Guardando poi il volto dello stesso suo Figlio, bellissimo fra tutti i figli degli uomini, meditava con quanta irriverenza empie labbra l'avrebbero lordato di sputi.

Ripensava anche dentro di sé la stessa Madre con quanti schiaffi sarebbero state colpite le guance di questo suo Figlio, e di quanti insulti e contumelie avrebbe avuto ripiene le benedette orecchie, ora immaginando come i suoi occhi si sarebbero offuscati dal fluire del suo sangue, ora come la sua bocca sarebbe stata amareggiata da aceto misto a fiele, ora ripensando come le sue braccia avrebbero dovute esser legate con funi, e come anche i suoi nervi e le sue vene e tutta la compagine del suo corpo dovevano esser distese crudelmente sulla croce, i suoi precordi contrarsi nella morte, e come tutto il suo glorioso corpo doveva essere straziato dentro e fuori, con suprema amarezza ed angoscia, fino a morirne. Sapeva ancora la Vergine che, esalato in croce lo spirito di quel suo benedetto Figlio, una lancia acutissima doveva trafiggerlo, trapassandogli in mezzo il cuore. Perciò, come era la più felice delle madri, quando vedeva il Figlio di Dio, nato da lei, sapendolo vero Dio e vero uomo, mortale nell'umanità ma eternamente immortale nella divinità, era anche la più afflitta delle madri, prevedendone l'amarissima passione.

Per tal modo, alla sua grandissima letizia andava sempre unita una grandissima tristezza, come se a una donna che partorisce si dicesse: « Hai partorito un figlio vivo e sano in tutte le sue membra, ma la pena che hai avuta nel parto durerà fino alla tua morte! »; ed ella, ascoltando ciò, godesse della vita salva di suo figlio, ma si rattristasse del patimento e della morte propria; certamente la tristezza di questa madre, proveniente dal ricordo della pena e morte del suo proprio corpo, non sarebbe più grave del dolore della Vergine Maria, ogni volta che rimuginava nell'animo la futura morte del suo amatissimo Figlio.

Comprendeva la Vergine che le predizioni dei profeti avevano già preannunziato ch'era necessario che il suo dolcissimo Figlio soffrisse molte e gravi pene, ed anche il giusto Simeone aveva predetto, non da lontano come i profeti, ma davanti a lei stessa, che la sua anima doveva esser trapassata da spada. Per cui deve notarsi che, siccome le forze dell'animo sono più forti e sensibili di quelle del corpo, così l'anima benedetta della Vergine, che la spada doveva trafiggere, era più afflitta dalla tristezza prima che il Figlio suo patisse, di quanto una donna possa soffrire prima di partorire un figlio. Perché quella spada di dolore si avvicinava ognor più al cuore della Vergine, quanto più il suo diletto Figlio si avvicinava al tempo della sua passione. Quindi deve credersi senza dubbio che l'affettuosissimo e innocentissimo Figlio di Dio, compatendo filialmente i dolori della madre sua, li alleviava con frequenti consolazioni. Altrimenti la vita di lei non avrebbe potuto durare fino alla morte del Figlio.
LEZIONE TERZA – CAPITOLO XVIII  
Venerdì
Assoluzione: Propiziazione al Padre per noi sia la passione del Figlio di Maria. Amen.

Finalmente la dolorosa punta della spada punse crudamente il cuore della Vergine, allorquando il Figlio disse: « Mi cercherete e non mi troverete ». E, dopo che fu tradito da un suo discepolo e catturato come loro piacque dai nemici della verità e della giustizia, allora la spada del dolore veniva trafiggendo cuore e precordi della Vergine, e trapassandone duramente l'anima, apportava gravissimi dolori a tutte le membra del suo corpo. Ogni volta, infatti, che al suo amatissimo Figlio venivano inferti tormenti ed obbrobri, anche nell'animo della Vergine infieriva con ogni amarezza quella spada crudele.

Vedeva invero il Figlio schiaffeggiato da empie mani, crudelmente ed impietosamente flagellato, condannato a morte umiliantissima dai capi dei Giudei, e gridando tutto il popolo « Crocifiggi il traditore! » lo vedeva condotto con le mani legate al luogo del supplizio, precedendolo alcuni che se lo trascinavano dietro, mentre con estrema stanchezza portava la croce sulle spalle, ed altri accompagnandolo e sospingendolo con pugni, e scuotendo come una belva feroce quell'agnello mansuetissimo che, secondo la profezia d'Isaia, in tutte le sue sofferenze era così paziente che, come pecora condotta al macello senza voce, e come agnello silenzioso davanti al tosatore, non apriva la sua bocca.

E come egli stesso mostrò in sé tanta pazienza, così la sua benedetta Madre sopportò tutte le sue pene con somma pazienza. Anzi, come l'agnello si associa alla madre, dovunque sia condotta, così la Vergine madre seguiva il Figlio ai luoghi dei tormenti. Vedendo ancora la Madre il Figlio coronato di spine, e il suo volto madido di sangue e le sue guance tumide per gli schiaffi, gemé di profondissimo dolore, e le sue guance cominciarono a impallidire per l'immensa pena. Per lo scorrere poi del sangue del Figlio in tutto il corpo nella sua flagellazione, un rivolo d'innumerevoli lacrime scorreva dagli occhi della Vergine.

Nel vedere poi la Madre il Figlio suo crudelmente steso sulla croce, cominciarono a venirle meno le forze del corpo. Ma l'intensità del dolore la fece cadere a terra come morta, essendole mancati i sensi, all'ascolto dei colpi di martello che trapassavano con chiodi di ferro le mani e i piedi del Figlio. Quando poi i Giudei l'abbeverarono di fiele e aceto, l'amarezza dell'animo le inaridì talmente il palato e la lingua, da non poter muovere le sue benedette labbra a parlare. Ascoltando quindi la flebile voce del Figlio che nell'agonia mortale diceva: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? », e vedendo poi tutte le sue membra irrigidirsi, e reclinato il capo, esalare lo spirito, allora l'acerbità del dolore oppresse talmente il cuore della Vergine, da sembrare come impietrita, senza alcun movimento nelle sue membra. Per cui si comprende che Dio fece allora non piccolo miracolo nel fatto che la Vergine Madre, trafitta interiormente da tali e tanto grandi dolori, non morisse, quando vide pendere dalla croce nudo e insanguinato, in mezzo a due ladroni, un sì amato Figlio, vivo e poi morto, ed anche trafitto dalla lancia, tra le derisioni di tutti, avendolo abbandonato quasi tutti i suoi conoscenti, ed essendosi molti di essi enormemente allontanati dalla fede.

Come, quindi, il suo Figlio sostenne la morte più amara di qualunque altro vivente in questo mondo, così anche la Madre, nella sua anima benedetta, portò la sofferenza dei più amari dolori. Ricorda ancora la sacra scrittura che la moglie di Finees, vedendo l'arca di Dio catturata dai suoi nemici, ne morì di colpo, per la veemenza del dolore, ma i dolori di quella donna non potrebbero paragonarsi ai dolori di Maria Vergine, che vedeva il corpo del suo benedetto Figlio (che la suddetta arca figurava) stretto e imprigionato tra i chiodi e il legno della croce. Perché la Vergine amava il suo Figlio, vero Dio e vero uomo, infinitamente più di quanto un nato da uomo e da donna possa amare se stesso o un altro. Quindi, se meraviglia il fatto che la moglie di Finees morì di dolore, pur essendo stretta da minore pena, mentre sopravvisse Maria, che fu assalita da ambasce più grandi, chi può attribuire ad altro che a un dono singolare dell'onnipotente Iddio, il fatto che, contro tutte le sue forze fisiche, poté rimanere in vita?

Finalmente, morendo, il Figlio di Dio aprì il cielo e liberò con potenza i suoi amici detenuti nell'inferno. La Vergine, poi, riavutasi, conservava essa sola nell'animo la retta fede, fino alla risurrezione del Figlio, e correggeva, riportandoli alla fede, i molti che ne avevano miseramente deviato. Infatti, morto il suo Figlio, fu deposto dalla croce e, avvolto in panni come negli altri mortori, fu sepolto. E allora tutti se ne allontanarono, e pochi credettero che sarebbe risorto. Allora, invece, nel cuore di Maria scomparvero le strette dei dolori, e cominciò a rinnovarsi soavemente in lei una deliziosa consolazione, sapendo che ormai erano totalmente finite le tribolazioni del Figlio suo, e che lo stesso doveva risorgere nella sua umanità e deità il terzo giorno, per una gloria eterna, e che in seguito non avrebbe più potuto patire alcuna molestia.


Nessun commento:

Posta un commento