sabato 18 maggio 2013

San Felice da Cantalice


S.Felice da Cantalice
San Felice da Cantalice (18 maggio)
Cantalice, Rieti, 1515 – Roma, 18 maggio 1587
Lavorò da contadino fino a 30 anni, poi entrò nell’Ordine dei Cappuccini. Gli venne quasi subito affidato l’incarico di questuante, che eseguì con esemplare semplicità per 40 anni.
In continua preghiera, in umile letizia, percorrendo le vie di Roma, assistendo ammalati e poveri, per i quali questuava, e invitando i fanciulli a cantare le lodi divine.
Era chiamato “frate Deo gratias” per il suo abituale saluto. San Filippo Neri gli fu intimo amico e san Carlo Borromeo ne ricercava la conversazione. Venne canonizzato da Clemente XI nel 1712.
Etimologia: Felice = contento, dal latino
Martirologio Romano: A Roma, San Felice da Cantalice, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, di austerità e semplicità mirabili, che per quarant’anni si dedicò a raccogliere elemosine, disseminando intorno a sé pace e carità.
 
Felice Porro nacque a Cantalice quasi sicuramente nel 1515; fanciullo si trasferì a Cittaducale, dove servì in casa Picchi in qualità di pastore e di contadino.
Alimentò l'innata inclinazione ad una vita austera, ascoltando leggere le Vite dei Padri.
Nei primi mesi del 1544, travolto da giovenchi non domi e rimasto miracolosamente incolume, si decise a mettere in atto senza altri rinvii il proposito, lungamente meditato, di rendersi religioso tra i Cappuccini.
Compì l'anno di noviziato a Fiuggi e nel maggio 1545 emetteva la professione dei voti nel convento di S. Giovanni Campano.
Quindi sostò per poco più di due anni nei conventi di Tivoli e di Viterbo-Palanzana e, verso la: fine del 1547 O l'inizio del 1548, si trasferì a Roma, nel convento di S. Bonaventura (attualmente S. Croce dei Lucchesi sotto il Quirinale), dove nei rimanenti quarant'anni della sua vita questuò pane e vino per i suoi confratelli. Famoso il suo cordialissimo saluto: "DEO GRATIAS!" Sapeva leggere solo 6 lettere: 5 rosse (piaghe di Gesù) e una bianca (il Santo Nome di Maria).
Felice ebbe un temperamento mistico.
Dormiva appena due o tre ore e il resto della notte lo trascorreva in chiesa in preghiera, che per lo più era contemplazione dei misteri della vita di Gesù.
Negli ultimi tre lustri della sua vita si comunicò quotidianamente.
Nei giorni festivi soleva peregrinare alle "Sette Chiese" oppure visitava gli infermi nei vari ospedali romani. Nutrì una tenera devozione alla Vergine Madre, che gli apparve più volte.
Nei suoi contatti quotidiani con il popolo, fu efficace consigliere spirituale di gente umile e della stessa aristocrazia della Roma rinascimentale.
Per molti anni dopo la sua morte (18 maggio 1587) ragazzi e signore seguitarono a cantare ballate da lui composte e insegnate, come queste: 
 
"Gesù, somma speranza, 
del cuor somma baldanza.
Deh! dammi tanto amore,
che mi basti ad amarti "; 

oppure: 
" Se tu non sai la via
d'andare in paradiso, 

vattene a Maria
con pietoso viso,
ch'è clemente e pia:
t'insegnerà la via
d'andare in paradiso".
 

Fu amico di San Filippo Neri e di Sisto V, al quale predisse il papato ammonendolo a comportarsi rettamente, e 
che ne fece celebrare il processo canonico l'anno stesso della morte (giugno-ottobre 1587) con l'intenzione di canonizzarlo immediatamente, poiché i miracoli operati dal santo ancor vivente e subito dopo la morte erano sulla bocca di tutti.
Ma di fatto Felice fu beatificato il 1 ottobre 1625 e canonizzato da Clemente XI il 22 maggio.
Il suo corpo riposa nella chiesa dell'Immacolata Concezione di via Veneto in Roma, dove fu trasportato il 27 aprile 1631.
La festa liturgica ricorre il 18 maggio.
(Autore: Mariano da Alatri – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria. - San Felice da Cantalice, pregate per noi.

Nessun commento:

Posta un commento