martedì 2 ottobre 2012

Domenica 27, Tempo Ordinario, anno B: Marco 10, 2-16. «Benedici le nostre creature, Tu benedetto, perché siano amanti della Luce! », dicono le madri.


«Fermati, Tu che parli. Il soggetto te lo diamo noi », urla un pugno di farisei che si fanno largo fra la gente.
Quasi subito riappare la scorta armata e si ferma all’angolo più vicino. I farisei sono ora di fronte a Gesù.
«Sei Tu il Galileo? Gesù di Nazaret sei? ».
«Lo sono ».
«Lode a Dio che ti abbiamo trovato! ». Veramente hanno certi ceffi così astiosi che non mostrano di essere in gioia per l’incontro…
Il più vecchio parla: «Ti seguiamo da molti giorni, arrivando sempre dopo che Tu sei partito ».
«Perché mi seguite? ».
«Perché sei il Maestro e vogliamo essere ammaestrati in un punto oscuro della Legge ».
«Non vi sono punti oscuri nella Legge di Dio ».
«In essa no. Ma, eh! eh!… Ma sulla Legge sono venute le “sovrapposizioni”, come Tu dici, eh! eh!… e hanno fatto oscurità ».
«Penombre, al massimo. E basta volgere l’intelletto a Dio per distruggere esse pure ».
«Non tutti lo sanno fare. Noi per esempio, rimaniamo in penombra. Tu sei il Rabbi, eh! eh! Aiutaci dunque».

«Che volete sapere? ».
«Volevamo sapere se è lecito all’uomo ripudiare per un motivo qualsiasi la propria moglie. È una cosa che spesso avviene, ed ogni volta crea molto rumore là dove avviene. Si rivolgono a noi per sapere se è lecito. E noi, a seconda del caso, rispondiamo ».

«Approvando l’avvenuto nel novanta per cento dei casi. E il dieci per cento che resta disapprovato è nella categoria dei poveri o dei nemici vostri ».
«Come lo sai? ».
«Perché così avviene in tutte le cose umane. E unisco nella categoria la terza classe, quella che, se fosse lecito il divorzio, più ne avrebbe diritto, perché quella dei veri casi penosi, quali una lebbra incurabile, oppure una condanna a vita, o malattie innominabili… ».

«Allora per Te non è mai lecito? ».
«Né per Me, né per l’Altissimo, né per nessuno che sia di animo retto. Non avete letto che il Creatore, nel principio dei giorni, creò l’uomo e la donna? E li creò maschio e femmina; e non aveva bisogno di farlo, che, se avesse voluto, avrebbe potuto, per re della creazione, fatto a sua immagine e somiglianza, creare altro modo di procreazione, e ugualmente buono sarebbe stato, pur essendo dissimile da ogni altro naturale. E disse: “Così per questo l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la moglie e i due saranno una sola carne." Dunque Dio li congiunse in una sola unità. Non sono dunque più “due” ma “una” sola carne. Ciò che Dio ha congiunto, perché vide che “è buona cosa”, l’uomo non lo divida, perché se così avvenisse, cosa non più buona sarebbe ».



«Ma perché allora Mosè disse: “Se un uomo ha preso una donna con se, ma essa non ha trovato grazia ai suoi occhi per qualcosa di turpe, egli scriverà un libello di ripudio, glielo consegnerà in mano e la manderà via di casa sua”? ».

«Lo disse per la durezza del vostro cuore. Per evitare, con un ordine, dei disordini troppo gravi. Per questo vi permise di ripudiare le mogli. Ma dal principio non fu così. Perché la donna è da più della bestia, la quale è, a seconda del capriccio del padrone o delle libere circostanze di natura, sottoposta a questo o a quel maschio,
carne senz’anima che si accoppia per riprodurre. Le vostre mogli hanno un anima come voi l’avete, e non è giusto che voi la calpestiate senza sentirne compassione. Ché se è detto nella condanna: “Tu sarai sottoposta alla potestà del marito ed egli ti dominerà”, ciò deve avvenire secondo giustizia e non con prepotenza che lede i diritti dell’anima libera e degna di rispetto. Voi, ripudiando, come lecito non vi è, portate offesa all’anima della vostra compagna, alla carne gemella che alla vostra si è unita, al tutto che è la donna che avete sposata esigendo la sua onestà, mentre, o spergiuri, andate ad essa disonesti, menomati, talora corrotti, e continuate ad esserlo, cogliendo ogni occasione per poterla colpire e dare maggior campo alla libidine insaziabile che è in voi. 



Prostitutori delle mogli vostre! Per nessun motivo potete separarvi dalla donna che vi è congiunta secondo la Legge e la Benedizione. Solo nel caso che la grazia vi tocchi, e comprendiate che la donna non è un possesso ma un’anima, e perciò ha diritti uguali ai vostri di essere riconosciuta parte dell’uomo e non suo oggetto di piacere, e solo nel caso che sia tanto duro il vostro cuore da non sapere

elevarla a moglie, dopo averla goduta come una prostituta, solo nel caso di levare questo scandalo di due che convivono senza benedizione di Dio sulla loro unione, voi potete rimandarla. Perché allora la vostra non è unione ma fornicazione, e sovente senza onore di figli, perché disciolti contro natura o allontanati come
vergogna. In nessun altro caso. In nessun altro. Perché se figli illegittimi avete dalla vostra concubina, avete il dovere di porre fine allo scandalo sposandola, se liberi siete. 



Non contemplo il caso dell’adulterio consumato ai danni della moglie ignara. Per quello sono sante le pietre della lapidazione e le fiamme dello sceol.


Ma per chi rimanda la propria moglie legittima perché di essa è sazio e ne prende un’altra, non c’è che una sentenza: costui è adultero. E adultero è chi prende la ripudiata, perché se l’uomo si è arrogato il diritto di separare ciò che Dio ha congiunto, l’unione matrimoniale continua, agli occhi di Dio, e maledetto è chi passa a seconda moglie senza essere vedovo. E maledetto è chi riprende la donna prima sua e poi, rimandatala per ripudio e abbandonatala alle paure della vita, onde essa cede a nuove nozze per il suo pane, la
riprende se resta vedova del secondo marito. Perché, anche che vedova sia, ella fu adultera per colpa vostra, e voi raddoppiereste il suo adulterio. Avete compreso, o farisei che mi tentate? ».



Questi se ne vanno scornati, senza rispondere.




«Severo è l’uomo. Se fosse a Roma vedrebbe però che il fango ribolle ancor più fetente », dice un romano.




Anche alcuni di Gradara brontolano: «Dura cosa essere uomini, se bisogna essere casti così!… ».

E alcuni più forte: «Se tale è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, meglio stare senza nozze ».



E questa ragione ripetono anche gli apostoli mentre ripigliano la via verso la campagna, dopo aver lasciato quelli di Gadara.


Lo dice Giuda con scherno. Lo dice Giacomo di Zebedeo con rispetto e riflessione; e Gesù risponde a l’uno e all’altro:



«Non tutti capiscono questo, né lo capiscono bene. Alcuni infatti preferiscono il celibato per essere liberi di secondare i vizi. Altri per evitare di poter peccare essendo mariti non buoni. Ma solo alcuni, ai quali è concesso, comprendono la bellezza di essere scevri di sensualità e di anche onesta fame di donna. E sono i più santi, i più liberi, i più angelici sulla Terra. Parlo di coloro che si fanno eunuchi per il Regno di Dio. Ci sono negli uomini quelli che nascono tali. Altri che tali vengono fatti. I primi sono mostruosità che devono

suscitare compassione, i secondi abusi che vanno repressi. 

Ma c’è infine la terza categoria: gli eunuchi volontari che, senza usarsi violenza, e perciò con doppio merito, sanno aderire alla richiesta di Dio e vivono da angeli perché l’abbandonato altare della Terra abbia ancora fiori e incensi per il Signore. Costoro negano alla parte inferiore soddisfacimento per crescere la parte superiore, onde fiorisca in Cielo nelle aiuole più prossime al trono del Re. E in verità vi dico che non sono dei mutilati, ma sono degli esseri dotati di ciò che manca ai più fra gli uomini. Non oggetto perciò di stolto scherno, ma anzi di grande venerazione. Comprenda ciò chi deve, e rispetti, se può ».



Gli ammogliati fra gli apostoli bisbigliano fra di loro.

«Che avete? », chiede Gesù.
«E noi? Noi non sapevamo questo e abbiamo preso donna. Ma ci piacerebbe essere come Tu dici… », dice per tutti Bartolomeo.
«Né vi è interdetto farlo d’ora in poi. Vivete in continenza, vedendo nella compagna la sorella, e grande
merito ne avrete agli occhi di Dio. Ma affrettate il passo. Per essere a Pella prima della pioggia ».






«Maestro, bada! Ti tendono qualche tranello! », dicono in diversi.
Gesù fa un gesto, come dire: «Lasciateli fare! », e si china ad accarezzare dei fanciulli che piano piano si sono accostati a Lui lasciando i parenti. Alcune madri li imitano, portandogli quelli che sono ancora troppo incerti nel passo o poppanti del tutto.
«Benedici le nostre creature, Tu benedetto, perché siano amanti della Luce! », dicono le madri.

E Gesù impone loro le mani, benedicendo. Ciò origina tutto un movimento tra la folla. Tutti quelli che hanno fanciulli vogliono la stessa benedizione e spingono e urlano per farsi largo. Gli apostoli, parte perché sono innervositi dalle solite cattiverie degli scribi e farisei, parte per pietà di Lazzaro, che rischia di essere travolto
dalla ondata dei parenti che portano i piccoli alla divina benedizione, si inquietano e urlano sgridando questo e quello, respingendo questo e quello, specie i fanciulloni venuti lì da soli.

Ma Gesù, dolce, amoroso, dice: «No, no! Non fate così! Non impedite mai ai fanciulli di venire da Me, né ai loro parenti di portarmeli. Proprio di questi innocenti è il Regno. Essi saranno innocenti del gran delitto e cresceranno nella mia fede. Lasciate dunque che ad essa Io li consacri. Sono i loro angeli che a Me li
conducono ».
Gesù ora è in mezzo ad una siepe di fanciulli che lo guardano estatici: tanti visetti alzati, tanti occhi innocenti, tante boccucce sorridenti…
Le donne velate hanno approfittato della confusione per girare dietro alla folla e venire alle spalle di Gesù, come se la curiosità le spronasse a questo.

"LASCIATE 
CHE I BAMBINI VENGANO A ME!"




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